Giovanni Rana accetta 10 milioni di contributi per ampliare la produzione in Italia

Giovanni Rana torna a produrre in Italia: yeeeh, buona notizia. Per farlo il ministero del Made in Italy ha versato un contributo di quasi 10 milioni di euro.

Giovanni Rana accetta 10 milioni di contributi per ampliare la produzione in Italia

La notizia che Giovanni Rana sia in procinto di ampliare la produzione in Italia è indubbiamente una buona cosa. Si parla di un piano di investimenti da parte sua di 300 milioni di euro, di cui 78 già stanziati, per riportare sul suolo italico la produzione di sughi e piatti pronti. Certo, è un po’ un peccato che per convincere aziende italiane a investire sul nostro territorio debba intervenire il pubblico, in questo caso con un contributo di 10 milioni di euro previsti dall’accordo di sviluppo con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Ovviamente non è la prima (né l’ultima) volta che accade, e non è di certo una novità che gli investitori vadano attratti in qualche modo. Ma non riusciamo a non pensare che ci sia un problema di fondo se l’Italia non riesce ad essere attrattiva a prescindere, perfino per un’azienda che ha fatto del Made in Italy il suo tratto distintivo, come è stato per Giovanni Rana. Ed è la stessa azienda a ribadirlo: “Da sempre l’Italia svolge un ruolo centrale nella strategia di sviluppo del Gruppo Rana e per questo gli investimenti dell’azienda si concentrano prevalentemente sul nostro Paese, con una portata superiore rispetto al totale degli investimenti del Gruppo”.

Giovanni Rana torna in Italia, ma solo con sughi e piatti pronti

giovanni rana lasagna

Giovanni Rana non torna però in toto in Italia (almeno, per il momento, per il futuro si vedrà). Solo parte della produzione dello storico pastificio tornerà a casa nello stabilimento di Moretta, in provincia di Cuneo. Ma non solo: anche i siti di Gaggiano, in provincia di Milano e quello di San Giovanni Lupatoto, in provincia di Verona, verranno riattivati. Nel triennio 2022-2025, infatti, gli investimenti globali del gruppo sui tre siti ammonteranno a 300 milioni di euro, completamente autofinanziati dal cash flow aziendale. E l’azienda ci tiene a far sapere che non sono gli unici: “gli investimenti di Rana a livello globale negli ultimi dieci anni sono pari a 731 milioni di euro, di cui più della metà destinati all’Italia”.

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Ciò non toglie che a convincerli a fare quest’ultimo investimento in Italia abbia contribuito l’accordo con il ministero, che prevede 9,6 milioni di euro di agevolazioni a fondo perduto, più altri 350mila euro da parte della Regione Piemonte. Ed è indubbio – come dicono gli attori in causa – che si tratti di un accordo di particolare rilevanza strategica per Piemonte, Lombardia e Veneto, con cui verranno anche aumentati anche i posti di lavoro (96 in più rispetto a prima). Il tutto senza dimenticare l’effetto positivo in stile domino sui fornitori di materie prime, per l’80% aziende di piccole e medie dimensioni e sui fornitori di packaging e delle varie tecnologie di produzione.

Eppure, ci piacerebbe che il tanto sbandierato orgoglio del Made in Italy significasse anche avere un’Italia imprenditorialmente attrattiva a prescindere, proprio perché rappresenta un valore aggiunto. Non è impossibile: i casi di aziende nate e cresciute qui, nonostante tutto, investimento privato dopo investimento privato, senza bisogno di un intervento pubblico per considerare l’Italia terra di opportunità, ci sono.