Grano, tensione tra UE e Paesi dell’Est: i cereali destinati all’Africa non sono “adatti al consumo umano”

C'è tensione nell'intesa tra Paesi dell'Est e UE: il grano destinato all'esportazione verso i Paesi più poveri non è adatto al consumo umano.

Grano, tensione tra UE e Paesi dell’Est: i cereali destinati all’Africa non sono “adatti al consumo umano”

Un “matrimonio” difficile – e pensare che il proverbiale “sì” è appena stato pronunciato. Ci stiamo riferendo all’accordo recentemente stipulato dalla Commissione europea con i Paesi dell’Est – Polonia, Ungheria, Slovacchia, Bulgaria e Romania -, che regola lo stop delle importazioni di grano, oli vegetali e altri cereali provenienti dall’Ucraina nei cinque Paesi interessati. L’accordo, che ha fatto seguito a settimane di accese proteste da parte dei governi dell’Est Europa – ricorderete, ad esempio, la decisione della Polonia di sospendere in toto le importazioni ucraine -, prevede per di più che le derrate alimentari del Granaio d’Europa vengano “girate” verso l’Africa e altri Paesi del “Sud del mondo”, che più di altri hanno pagato il caro prezzo dell’instabilità alimentare determinata dall’invasione russa dello scorso anno. C’è un piccolo problema, però: il grano in questione non è adatto al consumo umano.

Grano per i Paesi del “Sud del mondo”: tra guerra e speculazione

farina

Ok, riavvolgiamo un poco il nastro e partiamo da una domanda: per quale motivo i Paesi dell’Est si sono mobilitati per ottenere lo stop alle importazioni di grano ucraino? Semplice: per tutelare i mercati interni. I beni alimentari ucraini, avvantaggiati dal basso prezzo, hanno infatti travolto le economie dei Paesi in questione, suscitando le ire dei contadini locali e delle rispettive autorità agricole.

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In altre parole, gli agricoltori dell’Est si sono trovati a dovere competere con cibi venduti a prezzi troppo bassi – una battaglia impari che, per l’appunto, ha innescato una protesta e un movimento politico. Da qui la stipulazione dell’accordo con la Commissione europea: il documento prevede un divieto temporaneo sulle importazioni di grano, mais, semi di colza e semi di girasole ucraini, in modo da concedere una tregua ai contadini; e la facilitazione del transito di tali prodotti verso Stati terzi attraverso il territorio dei cinque Paesi firmatari.

Due piccioni con una fava (o forse un chicco di grano), insomma: gli agricoltori dell’Est possono tornare in affari e i Paesi più poveri ricevono una notevole boccata d’ossigeno. È bene notare che tra i principali perni che hanno favorito il raggiungimento dell’intesa è stato proprio rappresentato dalla possibilità di distribuire l’eccedenza di beni alimentari ancora presenti nei territori dei cinque Paesi come aiuti umanitari. Peccato che, come spiegato dai funzionari europei in seguito alle ispezioni di rito, milioni di tonnellate di grano destinate in questo modo ai Paesi del “Sud del mondo” non siano adatte al consumo umano.

Una scoperta che trova risonanza nelle dichiarazioni di un portavoce polacco, che ha confermato come circa 2,5 milioni di tonnellate dei 4 milioni di cereali e semi oleosi in eccedenza siano adatti solo al foraggio. Insomma, il puzzo è quello inconfondibile della speculazione: i sospetti delle autorità europee al momento sono rivolte verso il governo polacco, che evidentemente non intende perdere il sostegno delle zone agricole in previsione delle elezioni politiche fissate in autunno.