Gustamundo apre a Roma un ristorante gestito da donne migranti e rifugiate

Gustamundo apre un ristorante gestito da donne migranti, rifugiate e richiedenti asilo nel parco della Caffarella, a Roma.

Gustamundo apre a Roma un ristorante gestito da donne migranti e rifugiate

Un luogo di lavoro ma anche di accoglienza e soprattutto di rinascita: così potremmo definire il nuovo progetto griffato Gustamundo, che punta ad aprire presso il parco della Caffarella, in quel di Roma, un ristorante gestito in maniera autonoma da donne migranti, rifugiate e richiedenti asilo. Il locale, stando a quanto lasciato trapelare, si svilupperà su di una superficie di 70 metri quadrati con pareti colorate, un murales di Maupal e uno slogan tanto significativo quanto eloquente – “Un dolce che cambia la vita”. C’è del simbolismo anche nella data di apertura: El Pueblo con Gustamundo – questo il nome del neonato ristorante – sarà infatti inaugurato proprio nella giornata di oggi, mercoledì 8 marzo, Festa della donna.

El Pueblo con Gustamundo: andiamo a conoscere la squadra

roma

Il team che dovrà destreggiarsi tra fornelli, comande e tavoli sarà composto, come abbiamo accennato in apertura, da donne migranti, rifugiate e richiedenti asilo. Il team sarà guidato da Dilruba, una ragazza di 34 anni proveniente dall’Azerbaigian e rimasta vedova con ben tre figli; Gulalai, 46 anni e afghana, che ha raggiunto lo Stivale dopo la salita al potere dei talebani nel suo Paese d’origine, nell’agosto 2021, riuscendo a salire sull’aereo grazie alla P di Pangea disegnata sulla mano.

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C’è poi Parisa, 47enne e anche lei proveniente dall’Afghanistan, che ha abbandonato il Paese natale insieme al marito e cinque figli; Imam, originaria del Kurdistan; e infine la giovane Anjeza, 27 anni, albanese, sola ma con una bimba di due anni e una seconda figlia rimasta in Albania che non vede da anni.

El Pueblo con Gustamundo sarà quindi lo step successivo di un progetto nato nell’ormai lontano 2017, anno in cui Pasquale Compagnone decise di avviare una nuova attività mossa da una particolarissima idea – serate una tantum che obbedivano allo slogan “Ogni cena una storia“. Le regole, se così vogliamo definirle, erano semplici: gli ospiti, vale a dire migranti che lo stesso Compagnone aveva conosciuto nei centri di accoglienza della Capitale, dovevano preparare piatti tipici della propria tradizione e, giunti al momento del dolce, sedersi con i commensali per raccontar loro la propria storia.

Una scintilla che ha poi innescato il progetto Gustamundo, per l’appunto. “I ragazzi e le ragazze avevano bisogno di lavoro e permessi di soggiorno” racconta Compagnone “così ho selezionato i cuochi migliori e ho assemblato un gruppo di 15 persone, che negli anni hanno dimostrato di poter lavorare insieme, nonostante le differenze culturali. Arrivano da Senegal, Sudan, Pakistan, Libia, Siria e così via”.