Anche la birra artigianale ha fatto il suo tempo. O almeno, così pare se guardiamo al panorama UK, patria delle ale ad alta fermentazione e di tanta sperimentazione in materia. Il simbolo di questo movimento per anni è stato BrewDog, birrificio scozzese dall’animo punk e considerato numero uno in Europa nella categoria. Oggi è un’azienda multinazionale in perdita, sia di soldi che di immagine. Così migliaia di pub del Regno Unito hanno letteralmente staccato la spina: ovvero, la stanno boicottando.
Punk is dead
BrewDog per molto tempo si è distinto per l’animo ribelle, distillato (anzi, fermentato) nella sua etichetta più bevuta: la Punk IPA. Un simbolo più che una birra, una dichiarazione di intenti e la firma dei fondatori James Watt e Martin Dickie. Simbolo che oggi colpisce ancora di più per la sua clamorosa caduta. Mentre scriviamo, Punk IPA è stata rimossa da ben 1.980 pub inglesi, in un declino che va avanti da più di due anni.
Le avvisaglie c’erano state. A partire dalle perdite numeriche, quelle in soldi e in soldoni: 30,5 milioni di sterline nel 2022 e 59 milioni di sterline nel 2023. E un altro anno, il 2025, che l’attuale chief executive James Taylor (nessuna familiarità con il cantante) prevede in rosso. Molte di queste perdite sono certamente dovute a tendenze post pandemiche, legate al minor potere d’acquisto e al disinteresse delle nuove generazioni nei confronti dell’alcol. Le controversie però non finiscono qui.
C’era stata la vendita di quote alla private equity americana TSG Consumer Partners. Una mossa che aveva simultaneamente fatto diventare milionari Watt e Dickie e, di contro, allontanato BrewDog dalla dimensione prettamente “artigianale”. C’erano state le accuse di molestie rivolte a Watt in seguito a un’inchiesta BBC del 2024. E un’ulteriore accusa, in forma di lettera aperta da parte di alcuni dipendenti, di un ambiente lavorativo tossico. Insomma, da punk a borghese, dalla libertà alla promozione di una “cultura della paura” è un attimo. Bastano soldi, successo e potere, e non parliamo solo di birrifici artigianali.
Il boicottaggio
Così arriviamo alla situazione corrente. Nel corso degli ultimi due anni BrewDog è scomparsa del tutto in almeno 1.860 pub del Regno Unito. Nella maggior parte dei casi si tratta di catene e di grandi compagnie, ma il boicottaggio parte anche dal consumatore. Nel caso della Punk IPA, si tratta di un declino del 52,3 per cento nel periodo 2023-2025.
Solo il mese scorso poi BrewDog è stata costretta a chiudere dieci pub brandizzati, incluso il flagship ad Aberdeen in Scozia. Secondo un portavoce, i bar non erano “economicamente sostenibili”. Viene il sospetto però che tutti questi pezzi facciano parte di un puzzle più grosso legato all’intero mondo della birra artigianale. Che vede i pub costretti a iper focalizzarsi su poche etichette o, al contrario, a soccombere totalmente alla grande industria.
“Non siamo solo noi”, dice la chief operating officer Lauren Carroll. “Ogni birraio artigianale è stato colpito [da pressioni economiche]. Ce ne siamo accorti da tempo, ed è per questo che ci siamo spostati su canali di grande impatto come festival, stadi, pub indipendenti”. Sono tempi bui dappertutto, anche per la birra. Sospettiamo che non sarà una golden ale, per quanto brillante, a riportare luce su un settore sempre più in crisi.