Iginio Massari spiega la legge che porterà il suo nome

Iginio Massari ha una legge che porta il suo nome, e che serve a istituire il titolo di “Maestro dell’arte della cucina”. Ma come funziona?

Iginio Massari spiega la legge che porterà il suo nome

La legge Massari, così battezzata dal ministro Lollobrigida, dovrà necessariamente portare le stesse caratteristiche di chi, di fatto, ha prestato il nome: precisione, attenzione ai dettagli, quella giusta tenacia che fonde a sé meticolosità e follia. Iginio Massari, intervistato dai colleghi de Il Giorno, ha spiegato impostazione e declinazioni dell’omonima legge.

Ok, prima di partire immaginiamo che sia doveroso fare un piccolo round di spiegazioni. La domanda più pressante è una, naturalmente: che cos’è la legge Massari? Saremo concisi – si tratta, fondamentalmente, della proposta di legge che andrebbe a individuare e istituire la figura di “Maestro dell’arte della cucina italiana”.

Nulla a che vedere con MasterChef

La sentenza del giudice

L’intenzione, per farla semplice, è quella di istituire (a partire dal 2025, stando a quanto lasciato trapelare) una sorta di titolo professionale di eccellenza o riconoscimento per quegli individui che, nel contesto delle professioni dell’enogastronomia, hanno saputo distinguersi o comunque dare “lustro al Paese”.

Iginio Massari si è trasformato in Fabio De Luigi Iginio Massari si è trasformato in Fabio De Luigi

L’idea di battezzare tale proposta “legge Massari” è giunta, come brevemente accennato in apertura di articolo, dal ministro Lollobrigida, “proprio per riconoscerne a pieno titolo la paternità al Maestro”. D’altro canto sarebbe bene notare che evidentemente questo governo ha una particolare stima di Massari: nell’ormai lontano 2018 Giorgia Meloni visitò la pasticceria in quel di Brescia, e appena un anno più tardi ecco spuntare un nuovo scatto con la Premier che definisce il Maestro come “uno straordinario testimonial dell’eccellenza italiana nel mondo”.

Simpatie e stima a parte, la legge in questione corrisponde a quanto riassunto nelle righe qua sopra. Tutto chiaro? Beh, sì e no. Le intenzioni ci paiono buone (in tutti i sensi), ma a onore del vero sono anche tante le cosiddette zone d’ombra o ancora “misteriose” su cui è bene – si tratta pur sempre di un testo legislativo – fare luce. Qui, dicevamo, ci viene in aiuto l’intervista a Il Giorno di Iginio Massari.

Partiamo dal principio – il titolo di Maestro dell’arte e della cucina italiana servirà “a rendere ufficiale la differenza sostanziale tra il professionista del cibo e l’artigiano che con l’intelligenza delle mani è in grado di dar vita a prodotti eccezionali”, spiega Iginio Massari, che da tempo – “26 anni”, spiega nell’intervista in questione – si batte per l’istituzione di un riconoscimento di questo genere.

Il modello, i nostri lettori più attenti l’avranno forse intuito, è il Mof (Meilleur Ouvrier de France, cioè Miglior Artigiano di Francia) dei nostri amici d’Oltralpe – riconoscimento “gemello” ma ben più datato (1924) di cui Massari è unico membro della commissione esaminatrice di origine straniera. Attenzione, però: guai a parlare di copia e incolla. “Il nostro sarà diverso” spiega Massari. “È tanti anni che penso a una versione italiana di quello che fanno in Francia. Ho in mente con precisione le prove che i candidati dovranno superare”.

La parola d’ordine, nelle vesti di giudice, sarà una sola – severità, e di certo non quella “stemperata” mostrata a più riprese tra i riflettori di MasterChef. “Chi vorrà diventare Maestro dell’arte della cucina italiana dovrà dimostrare di avere una solida preparazione non solo tecnica” ha commentato a tal proposito Iginio Massari.