Il grano europeo è in crisi, e non (solo) per la guerra in Ucraina

Se il grano europeo è in crisi e i prezzi sono in rialzo non è solo colpa della guerra tra Russia e Ucraina, le ragioni sono diverse.

Il grano europeo è in crisi, e non (solo) per la guerra in Ucraina

La crisi del grano dipende dalla guerra in Ucraina, riguarda le esportazioni bloccate dalla Russia nei porti del Mar Nero? Sì, ma non è tutto lì: le condizioni climatiche estreme dovute al riscaldamento globale fanno prevedere un drastico calo della produzione, in Europa ma anche in Asia, mentre in altre zone del mondo il raccolto è destinato ad aumentare. In tutto questo i prezzi dopo il picco di marzo sono scesi, ma rimangono ancora alti rispetto alla media degli ultimi anni. La situazione globale del grano è incerta, e si stanno ridisegnando gli scenari. Se n’è occupato tra gli altri un pezzo del Wall Street Journal che ha messo insieme un po’ di elementi.

La guerra della Russia in Ucraina

export

La situazione dovuta alla guerra russa in Ucraina la conosciamo: il cosiddetto granaio d’Europa ha da un giorno all’altro dovuto interrompere le esportazioni, con conseguenze disastrose non tanto per noi ma per alcuni paesi in via di sviluppo il cui apporto di cereali dipende in grandissima parte dall’Ucraina, e che subiscono in maniera più dolorosa variazioni di prezzi o di forniture: oltre la metà delle importazioni di grano per Libano, Pakistan e Gibuti proviene dall’Ucraina, oltre il 45% per la Somalia e l’Eritrea. L’aumento dei prezzi ha già causato disordini in alcune parti del mondo, ed è stato tra le concause che hanno portato alle dimissioni del primo ministro dello Sri Lanka a maggio.

Le navi con i carichi di grano sono bloccate nel porto di Odessa, davanti al quale staziona la flotta russa; in più c’è il problema delle mine piazzate dagli stessi ucraini per difendersi, e che adesso si sono trasformate in un ostacolo ulteriore. Ancora: si avvicina il momento del raccolto, per cui il grano dell’anno scorso che non è andato in giro per il mondo riempie i siti di stoccaggio – con problemi anche di conservazione – e non ha fatto posto a quello nuovo.

Grano, il calo di produzione in Europa (e non solo)

Strategie Grains, una società di consulenza agricola che pubblica un rapporto mensile sulle colture, prevede che l’UE produrrà quasi il 5% di grano in meno quest’anno rispetto all’anno scorso: 278,8 milioni di tonnellate di tutti i cereali nella stagione di crescita 2022-2023, in calo di oltre il 4% rispetto allo scorso anno, a causa del clima secco. Coceral, un’associazione di categoria europea, aveva previsto in precedenza che la produzione di grano nell’UE diminuirà dell’1,4% dal 2021. “Combinato con ondate di caldo estremo – il mercurio è salito ben al di sopra delle medie stagionali – questo clima ha avuto un impatto negativo sulle condizioni di tutte le colture di cereali in Europa, durante il periodo delle fasi critiche di formazione della resa”, ha scritto giovedì la società di consulenza.

Strategie Grains ha affermato che prevede un calo di oltre il 5% nella produzione di grano francese. La Francia rappresenta circa il 18% della produzione agricola europea, secondo il Ministero dell’Agricoltura francese. È il quinto produttore di grano al mondo dopo Cina, India, Russia e Stati Uniti, e anche il quarto esportatore. Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti prevede ora raccolti di grano più bassi in Ucraina, ma anche in Cina, India e Australia. In Marocco si prevede la resa più bassa  dalla stagione 2007-2008 a causa di una grave siccità.

I paesi che produrranno più grano nel 2022

grano

Ma l’USDA prevede anche una grande crescita della produzione di grano nel gigante dei cereali Canada, che invece l’anno scorso aveva vissuto una flessione a causa della siccità, e raccolti migliori in Russia, Turchia e Kazakistan. Anche  negli Stati Uniti la produzione di grano dovrebbe aumentare di 2,3 milioni di tonnellate, arrivando a 47,1 milioni di tonnellate. Tutto ciò significa che la previsione  per la produzione di grano in tutto il mondo è si aggira sui 775 milioni, in calo di soli 4 milioni di tonnellate rispetto all’anno precedente. Insomma complessivamente non ci dovrebbe essere una carestia in arrivo, però le variazioni geografiche nel mercato, con la guerra in atto, la crisi della supply chain e la volatilità dei prezzi, un po’ d’ansia la mettono.

Inoltre la Fao ha da poco rilasciato una previsione sulla produzione globale di cereali in generale: saranno 16 milioni di tonnellate in meno; anche in questo caso non è una flessione gravissima, però è la prima volta dopo 5 anni che il volume totale scende.

I prezzi del grano

Di com’è complicato il modo in cui si determina il prezzo del grano abbiamo detto, e anche di tutte le cause che lo stanno portando a salire (non c’è solo la guerra). Ora si sta verificando il cosiddetto rimbalzo: i futures sul grano alla borsa di Chicago si sono ritirati rispetto ai record registrati a marzo, quando i prezzi hanno raggiunto 12,94 dollari per staio, ma rimangono elevati. I prezzi hanno chiuso mercoledì a 10,75 dollari per staio, rispetto ai 6,80 dollari per staio dell’anno precedente. L’indice dei prezzi dei cereali dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura ha registrato una media di 173,4 punti a maggio, 39,7 punti al di sopra del livello di maggio 2021.