L’irriverenza non è stata sufficiente per rimanere a galla. La più cattiva catena di fast food in Italia, anzi al mondo (parole loro), che avrebbe portato il tipico smash burger statunitense in Italia nel 2015, ha debiti oltre i 30.000 euro; il tribunale fallimentare di Milano ne dichiara la liquidazione giudiziale. Che succede ora?
I prossimi passi per Burgez
Dieci anni fa Simone Ciaruffoli apre la prima sede di Burgez a Milano; la vision è quella di far atterrare lo smash burger – per intenderci, quello con la carne schiacciata e la crosticina croccante – nello Stivale.
E ci riesce anche, aprendo a poco a poco altri ristoranti nel capoluogo lombardo, poi a Roma, a Firenze. A contraddistinguere il brand, una comunicazione sfacciata e irriverente, come quella volta in cui ha annunciato l’apertura nel capoluogo toscano mettendo in bella mostra i genitali del David di Michelangelo (per poi ritirare la campagna).
“Così buono da fare schifo”, recita il sito web, ma anche il conto in banca non è messo proprio bene. La giudice Caterina Macchi del tribunale fallimentare di Milano parla di debiti scaduti “largamente superiori ai 30.000 euro”; motivo per cui la catena di fast food è stata posta in liquidazione giudiziale.
Questa opzione permetterà alla società, la Burgez srl, di vendere i propri beni per ripagare le somme dovute. La data della prossima udienza è fissata per il 15 ottobre, mentre una curatrice a cui è stato assegnato il caso dovrà fin da subito occuparsi di censire i beni dei vari locali.
Dalla mente dietro Burgez, quella di Simone Ciaruffoli, nel tempo sono nati tanti progetti, connessi o meno al mondo dei burger. In particolare, la Upper Beast Side, agenzia di comunicazione anch’essa sfacciata come poche, e Il vangelo secondo burger, un’autobiografia della storia della catena raccontata dal suo stesso fondatore.