La Bocconi studia l’inquinamento in Lombardia: il 25% è colpa degli allevamenti

Uno studio dell'università Bocconi e Legambiente Lombardia ha indagato l'inquinamento da PM2.5 legato agli allevamenti.

La Bocconi studia l’inquinamento in Lombardia: il 25% è colpa degli allevamenti

A un argomento che spesso e volentieri viene ragionato con la pancia è bene anteporre la fredda razionalità dei dati: un quarto delle polveri sottili PM2.5 che inquinano la Lombardia proviene dagli allevamenti intensivi di bovini e suini, le cui emissioni di ammoniaca vanno di fatto a combinarsi con altri composti (come ossidi di zolfo e ossidi di azoto) dando origine ad alcuni dei componenti inorganici presenti, per l’appunto, nei PM2.5.

Si tratta di quanto emerso da uno studio condotto da CMCC, università Bocconi e Legambiente Lombardia nell’ambito del progetto INHALE e poi pubblicato tra le pagine della rivista scientifica Environmental Impact Assessment Review; che ha di fatto preso in esame l’inquinamento da PM2.5 legato agli allevamenti nel contesto lombardo.

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allevamento

A onore del vero è bene notare che su queste pagine abbiamo più volte preso in esame l’impronta inquinante degli allevamenti intensivi nel distretto lombardo e, più in generale, in quello padano; sottolineando l’inadeguatezza della grossolana (e recidiva, a dirla tutta) “svista” del Parlamento europeo che, nell’allargare la direttiva delle emissioni industriali agli allevamenti suini e avicoli di una certa dimensione, ha lasciato filtrare attraverso le sue maglie i ben più inquinanti allevamenti bovini.

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Questo per ribadire che trattare dell’argomento in questione, trascinandosi dietro il bagaglio – sempre più abbondante – di prove e studi, rende ancora più palese lo scarto tra chi sa, e ne parla; e chi invece sa ma preferisce far finta di non vedere.

Ma torniamo a noi, e allo studio della Bocconi: vale la pena notare che gli gli ultimi dati disponibili sulla qualità dell’aria in Lombardia, riferiti al 2023, evidenziano un netto miglioramento nel corso degli anni; con i dati delle stazioni di monitoraggio regionali che raccontano di un pieno rispetto delle normative comunitarie. Attenzione, però: cambiando l’unità di misura e adottando le soglie raccomandate dall’OMS (25 µg/m3 contro appena 5 µg/m3), ecco che tutte le aree lombarde sfiorano di almeno tre volte i limiti – dai 22 µg/m3 di Cremona ai 21 di Milano, Brescia e Lodi, fino ai 14 di Lecco.

Numeri alla mano, lo studio ha calcolato che un aumento di mille unità di bestiame sia in grado di provocare un corrispondente aumento giornaliero delle concentrazioni di ammoniaca e particolato in Lombardia di 0,26 e 0,29 μg/m3 per i bovini (circa il 2% e l’1% delle rispettive medie giornaliere) e di 0,01 e 0,04 μg /m3 per i suini. La morfologia territoriale, ovviamente, non aiuta: i livelli record di particolato in Pianura Padana, spiega Jacopo Lunghi dell’Università Bocconi e del CMCC, “ne fanno una delle zone più inquinate d’Europa”.

L’appello dei ricercatori è quello di prendere in più pressante considerazione quanto emerso fino a ora: “Si sta facendo molto per mitigare il problema del settore energetico e dei trasporti e, in una certa misura, anche del settore residenziale” ha spiegato Lara Aleluia Reis, ricercatrice del CMCC. “L’agricoltura, e più specificatamente il settore dell’allevamento, non può essere lasciata da parte e deve essere inclusa anche in politiche più stringenti di mitigazione dell’inquinamento atmosferico”.