Allevamenti intensivi: arriva la proposta di legge (rivoluzionaria)

Una proposta di legge mira a bloccare l'espansione e avviare un piano di riconversione degli allevamenti intensivi: diamoci un'occhiata.

Allevamenti intensivi: arriva la proposta di legge (rivoluzionaria)

C’è chi potrebbe interpretare, con piena cognizione di causa, gli allevamenti intensivi come un curioso esperimento sociale: d’altro canto, è innegabile che ci sia una certa convenienza nel tenere ben salde le fette di prosciutto sopra gli occhi. In altre parole, quando si parla di allevamenti intensivi, è inevitabile che emerga una platea considerevolmente fitta composta da chi sa, ma non vuole vedere o più banalmente si rifiuta di farlo.

D’altro canto si tratta di un mondo, quello degli allevamenti intensivi, notoriamente protetto – tant’è che anche i rapporti delle Nazioni Unite sulle emissioni sono apparentemente stati censurati o boicottati – nonostante l’evidente conflitto ambientale, morale ed etico che rappresenta: meglio girarsi dall’altra parte, meglio tenere la testa sotto terra, meglio tappare occhi e orecchie – tutto nel nome della convenienza, come accennato. C’è uno spiraglio, però, che potremmo permetterci di definire sorprendente e forse addirittura rivoluzionario (date le premesse): una proposta di legge per fermare la loro espansione e, udite udite, avviare un piano nazionale di riconversione agro-ecologica del settore zootecnico.

Allevamenti intensivi e riconversione: il punto sulla legge

allevamento

Parola forte e intrinsecamente carica di promesse, “riconversione”. Ma procediamo con ordine: quanto accennato nelle righe precedenti è fondamentalmente parte delle novità contenute nella proposta di leggeOltre gli allevamenti intensivi. Per una transizione agro-ecologica della zootecnia”, presentata nelle ultime ore alla Camera dei Deputati da Greenpeace Italia, Isde-Medici per l’ambiente, Lipu, Terra! e Wwf Italia e sostenuta – è bene notarlo – da un gruppo trasversale di parlamentari.

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L’urgenza della questione ambientale, i nostri lettori più attenti lo sapranno, è in questi giorni stata esacerbata dalla risonanza mediatica innescata dai livelli record di inquinamento ultimamente registrati nel distretto della Pianura Padana, con Milano epicentro. Il peso specifico degli allevamenti intensivi, in questo contesto, non può essere ignorato.

Da qui la formulazione di una proposta di legge che si ponga come obiettivo un sistema produttivo basato su piccola scala e con un minore impatto ambientale. Il testo, a essere più precisi, “offre agli allevatori, soprattutto ai più piccoli, costretti a produrre sempre di più con margini di guadagno sempre più bassi, una via d’uscita che tuteli il nostro futuro e quello del pianeta”, con “un adeguato sostegno pubblico per la riconversione in chiave agro-ecologica degli allevamenti intensivi”.

La parola chiave, come anticipato, è “riconversione” – termine fortemente innovativo se consideriamo che viene introdotto in un contesto altrimenti saldamente impantanato nella più connivente miopia. Numeri alla mano, il settore zootecnico è di fatto responsabile di oltre due terzi delle emissioni nazionali, con 274mila tonnellate sulle circa 345mila imputabili all’intero settore agricolo; e questo senza considerare il capitolo polveri fini (di cui gli allevamenti intensivi sono la seconda causa di formazione) e altre emissioni climalteranti.

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Più che eloquente, per quanto concerne le polveri fini, la denuncia delle associazioni ambientaliste: “Dati drammatici che posizionano l’Italia al primo posto per morti premature causate dall’esposizione al PM 2,5, e che comportano anche enormi costi sanitari, in particolare in zone come la Pianura Padana, con un’alta concentrazione di attività emissive, proprio come gli allevamenti intensivi”.

La proposta di legge andrebbe a istituire una soglia di densità massima per la popolazione di un dato allevamento, oltre a definire “modalità e criteri per la riorganizzazione produttiva degli allevamenti intensivi” e a introdurre doverose risorse economiche per favorire la transizione degli impianti tradizionali e, allo stesso tempo, offrire sostegno alle aziende che già impiegano pratiche sostenibili.