La lista dei guai che attanagliano il vino italiano è ormai nota: crisi dei consumi e ridotto potere d’acquisto, giovani generazioni che perdono sempre più interesse e a cui non si riesce a comunicare con efficacia, a cui si aggiungono le incertezze del mercato create dai dazi di Donald Trump.
Una situazione davvero complicata, in cui anche dati all’apparenza positivi nascondono in realtà problematiche strutturali serie, come quello del primato italiano nella produzione, che in questa sfavorevole congiuntura, è tutt’altro che un vantaggio.
“La leadership produttiva è una iattura”
A fornire questa interpretazione è Lamberto Frescobaldi, appena riconfermato alla carica di presidente di Unione Italiana Vini e che, proprio durante l’assemblea dell’associazione, vuole esprimersi senza timore di malintesi.
“Facciamola finita con questa storia del primato produttivo dell’Italia nel vino. I consumi sono in calo, in Italia e all’estero. La leadership produttiva non è un primato, ma una iattura. Abbiamo oltre 40 milioni di ettolitri di vino in giacenza e se la prossima vendemmia sarà nella media con circa 50 milioni di ettolitri, avremo a fine anno una disponibilità di prodotto per circa 90 milioni di ettolitri. Un’offerta monstre che rischia di deprimere i prezzi. Non c’è proprio nulla da esultare”.
La soluzione, secondo Frescobaldi, sarebbe quella di aggiornare il Testo Unico del Vino, una legge vecchia quasi un decennio e che richiede grandi adattamenti a uno scenario che vive cambiamenti sempre più profondi e repentini.
“Dobbiamo ridurre le riclassificazioni e gli esuberi, anticipare le date per le dichiarazioni di produzione. Insomma, eliminare tutte quelle flessibilità che favoriscono una sovrapproduzione che poi non riusciamo a collocare sul mercato” spiega il presidente.
Fondamentale dovrà essere un’ampia revisione delle denominazioni: ”in Italia abbiamo più di 520 tra Doc, Docg e Igt ma le prime 20 fanno l’80% del fatturato. E’ inutile avere un’etichetta per ogni filare di vigna se poi i consumatori non sanno neanche riconoscere da quale area del Paese quel vino proviene. Sono riconoscimenti che esistono solo sulla carta e non aiutano le vendite del vino italiano”.
La posizione di Unione Italiana Vini è quindi chiarissima, ma il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida minimizza, definendo la preoccupazione dell’associazione “depressione”.
“Resto convinto che la depressione non sia d’aiuto. Nei dati ci sono aspetti preoccupanti ma anche opportunità. Ismea prevede per quest’anno per il vino una crescita tendenziale fino al +13%. Il nemico è l’allarmismo e la criminalizzazione del prodotto in atto in alcuni paesi e che dobbiamo contrastare con una comunicazione positiva. E dobbiamo lavorare sui nuovi mercati come stiamo facendo con Veronafiere e Ice e con gli accordi internazionali. Infine, fermo ‘no’ alle estirpazioni, la strada percorsa ad esempio dalla Francia. I vigneti garantiscono un presidio dei territori al quale non possiamo rinunciare”.