Durante l’inaugurazione della Mostra Nazionale del Bovino da latte dell’Anafibj, tenutasi durante la Fiera Agricola e Zootecnica di Montichiari, ecco che Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha spiegato che, parlando di latte, nel corso degli ultimi dieci anni in Italia è stata chiusa una stalla su due.
Durante la manifestazione, Coldiretti ha aperto il caveau dei formaggi che rischiano di scomparire. Fra di essi erano presenti:
- tuma dell’Oregge piemontese
- Puzzone di Moena trentino
- Caciocavallo della Murgia pugliese
- Caciotta amiatina toscana
- Formaggio al Prosecco Doc veneto
- Pecorino di Picinisco laziale
- Rosa Camuna lombarda
- Vastedda del Belice
- Caizolu sardo
In Italia le esportazioni di formaggio hanno raggiunto un record storico, aumentando del 13%. Se verrà mantenuto questo trend, l’Italia potrà superare il valore di 3,5 miliardi nel 2021, secondo le proiezioni fatte da Coldiretti basandosi su dati Istat. Ed è record anche di vendite in Francia: qui la crescita è stata del 14% e la mozzarella ha nettamente battuto il camembert sul suolo francese.
Tuttavia il successo dei formaggi Made in Italy potrebbe essere messo a rischio dal fatto che, nel corso dell’ultimo decennio, le stalle da latte sono quasi dimezzate: da 50mila si è passati a 26mila, con danni notevoli per l’economica, l’ambiente e l’occupazione.
Si parla di un settore che vale 16 miliardi, con 100mila occupati e che produce 12 milioni di tonnellate di litri di latte vaccino ogni anno. Queste le parole di Ettore Prandini: “A causa del rilevante aumento dei costi di produzione e del rincaro delle materie prime e dei foraggi, le imprese di allevamento da latte sono allo stremo con compensi ormai da troppo tempo al di sotto dei costi di produzione e serve subito un patto di filiera tra allevatori, industrie e distribuzione per salvare il latte e le stalle italiane”.
E conclude sostenendo come sia indispensabile che nei contratti di fornitura fra allevatori e industrie di trasformazione vengano stabiliti compensi equi che arrivino a coprire almeno i costi. L’alternativa, infatti, è la chiusura.