L’industria alimentare del futuro passa dalla ricerca sulle fermentazioni

Le nuove frontiere della ricerca sulle fermentazioni promettono di cambiare l'industria alimentare: come la prenderanno i consumatori?

L’industria alimentare del futuro passa dalla ricerca sulle fermentazioni

Da quando René Redzepi ha dato alle stampe il suo “The Noma guide to fermentation”, la fermentazione è diventata un tema fondamentale nell’alimentazione a tutti i livelli: non più solo appannaggio di cucine avanguardistiche, è entrata anche nelle cucine di semplici appassionati attraverso la sua versione più basica che richiede solo sale e buste per il sottovuoto, ma ovviamente c’è tutto un mondo di ricerca industriale che, un po’ più al di fuori della luce dei riflettori, sta esplorando le potenzialità più avanzate e futuribili di questa pratica.

Questo processo, che usiamo da millenni per fare pane, birra e formaggio, sta diventando una delle tecnologie più sofisticate del nostro secolo, una vera e propria bioproduzione avanzata che sta trasformando il settore alimentare. Se la prima ondata di questa innovazione si è concentrata sulla replica delle proteine del latte per i prodotti vegetali, oggi siamo pronti per un salto di qualità verso grassi alternativi, aromi e ingredienti funzionali: un mondo che FoodBev Media ha esplorato anche grazie a interessanti interviste con i protagonisti di questa rivoluzione.

La fermentazione e il futuro dell’alimentazione

fermentazione industria

Troels Prahl, co-fondatore e CEO di Swan Neck Bio, ha spiegato molto bene questa evoluzione dei prodotti, affermando che “le prossime grandi vittorie sono i grassi, gli aromi e gli ingredienti speciali come gli enzimi. Questi prodotti hanno un alto valore e sono spesso difficili da reperire in natura. La fermentazione può renderli più affidabili e convenienti, mentre nuovi metodi aiutano le aziende a scalare più velocemente con meno rischi”.

Anche Claus Lattemann, del Lesaffre Institute of Science & Technology, concorda su questo punto, sottolineando che “la fermentazione di precisione andrà oltre le proteine del latte verso ingredienti multifunzionali ad alto valore che migliorano la nutrizione, la sostenibilità e la resilienza nel sistema alimentare”. Un’evoluzione che non poteva arrivare in un momento migliore: con le crisi dei prezzi dovute alle pressioni sulle catene di approvvigionamento globali di prodotti come il cacao o l’olio di palma, la microbiologia può aiutarci a colmare le carenze di ingredienti di difficile reperibilità.

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Continua Prahl: “la fermentazione può colmare le carenze di ingredienti rari come la vaniglia o gli oli di agrumi, sostituire prodotti di origine animale come gli emulsionanti e aggiungere sostanze nutritive. È anche rispettosa del clima e, in collaborazione con il settore agricolo, può aiutare a ripristinare il nostro sistema alimentare. Il denominatore comune è la microbiologia”.

Non si tratta solo di una questione di sostenibilità, ma anche di grandi numeri. Nel Regno Unito, ad esempio, si stima che queste tecnologie potrebbero contribuire con quasi 10 miliardi di sterline all’economia nazionale entro il 2050. Linus Pardoe di GFI Europe ha commentato che “queste cifre rivelano il valore per l’economia del Regno Unito di un settore della fermentazione fiorente che produce cibo familiare, gustoso e nutriente”.

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Tutto perfetto quindi? Non proprio: la più grande incognita per il futuro dei nuovi alimenti fermentati è, come spesso accade con le innovazioni, il consumatore finale. È sempre Prahl a fornire una utile chiave di lettura: “i consumatori potrebbero trovare i grassi e gli aromi prodotti in questo modo meno familiari rispetto alle proteine del latte. Si dice che qualsiasi alimento che tua nonna non riconoscerebbe sia un UPF (alimento ultra-processato). Ecco perché l’industria deve comunicare chiaramente, dimostrando che i prodotti clean label spesso si affidano alla bioproduzione per offrire consistenza, gusto, sostenibilità e riduzione degli allergeni”.

Oltre alla percezione del pubblico, le aziende devono affrontare sfide tecniche ed economiche non indifferenti: passare dal laboratorio alla produzione industriale costa caro. Prahl evidenzia che “i costi delle materie prime, il controllo della contaminazione, l’apporto di ossigeno e lo spazio dei reattori sono tra i problemi più difficili”. Per questo motivo stanno nascendo collaborazioni strategiche, come quella tra Swan Neck Bio e Tetra Pak, per accelerare i test e ridurre i rischi.

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Quella della fermentazione sta diventando una piattaforma versatile capace di influenzare ogni angolo dell’industria, dai prodotti da forno agli integratori. Come conclude Lattemann “la fermentazione è essenziale per affrontare le sfide della nutrizione e della salute. Stiamo sviluppando molecole bioattive che supportano la salute metabolica e intestinale, così come pre-, pro- e postbiotici che migliorano le funzioni immunitarie e digestive”.

Insomma, il futuro del cibo sembra passare proprio da questa pratica paradossalmente antichissima, ma di cui solo ora stiamo scoprendo le effettive potenzialità, in grado di rendere ciò che mangiamo più sano, buono e sostenibile.