McDonald’s & co. devono capire da che parte schierarsi nella guerra in Medioriente

McDonald's, Starbucks e altre grandi aziende hanno un problema con la guerra in Medioriente: devono decidere da che parte stare

McDonald’s & co. devono capire da che parte schierarsi nella guerra in Medioriente

Le grandi aziende come McDonald’s e Starbucks stanno incontrando inaspettati problemi a causa della guerra fra Israele e Hamas. A differenza di quanto accaduto con la guerra fra Ucraina e Russia, dove le problematiche erano inerenti il chiudere o meno in questi paesi, ecco che in Medioriente tali aziende si sono trovate di fronte a un dilemma la cui risposta, qualsiasi sia, scatena polemiche. Il fatto è che tali aziende devono decidere da che parte schierarsi. E comunque sia, anche facendo così, scontenteranno sempre qualcuno. Non pensiate, poi, che il non fare dichiarazioni sia meglio: anche qui qualcuno contesterà la scelta.

Però una decisione va presa.

McDonald’s e Starbucks alle prese con la guerra in Medioriente

starbucks

La questione in Medioriente è assai complessa, non è tutto nero e tutto bianco. Solo che queste aziende stanno affrontando la situazione in maniera a dir poco confusionaria. Prendiamo McDonald’s: un suo franchising con sede in Israele ha annunciato, di sua iniziativa, che avrebbe regalato pasti ai soldati dell’esercito israeliano. Il che ha scatenato un’ondata di reazione negativa sia da parte dei consumatori che da parte di altri franchising che si sono affrettati a dichiarare che loro non c’entravano nulla con quella decisione.

E che dire di Starbucks? Qui l’azienda madre ha citato in giudizio il suo sindacato, lo Starbucks Workers United, a causa di un messaggio pubblicato su X da quest’ultimo in cui esprimeva solidarietà con i palestinesi. Risultato? Messaggio prontamente cancellato, appelli al boicottaggio di Starbucks e l’azienda madre che si affannava a spiegare che loro non erano coinvolti in quel messaggio, tanto da arrivare a denunciare il sindacato.

E questo solo per quanto riguarda le grandi aziende del settore food. Anche in altri settori la situazione è quanto mai caotica. Per esempio, centinaia di dipendenti di Google hanno firmato una petizione per contestare una dichiarazione pubblica rilasciata dal CEO Sundar Pichai in quanto ritenuta a favore di Israele.

Coca Cola prende le distanze dal Black Lives Matter per la guerra fra Israele e Hamas Coca Cola prende le distanze dal Black Lives Matter per la guerra fra Israele e Hamas

Mentre si attende una risposta di Google, ecco che Starbucks ha prontamente emanato una dichiarazione stampa nella quale affermava perentoriamente di essere in disaccordo con le opinioni espresse da Workers United in quanto non parla certo a nome della Starbucks Coffee Company.

McDonald’s, più o meno sulla stessa falsariga, ha dichiarato che loro si concentrano solamente sulla sicurezza dei dipendenti. Inoltre per sostenere le persone della zona, ha rivelato di aver effettuato una donazione di 1 milione di dollari da devolvere fra la Croce Rossa e il Programma Alimentare Mondiale.

Non è certo poi andata meglio alle aziende che sono rimaste in silenzio nei giorni immediatamente successivi all’attacco. Diverse persone, infatti, hanno criticato questo atteggiamento, anche se, come sottolineato da Sarah Soule, docente presso la Graduate School of Business presso l’Università di Stanford, tali dichiarazioni quale problema risolvono esattamente? Come a dire: che le grandi aziende parlino o meno della questione, non fa differenza, non sarà certo una dichiarazione di McDonald’s o una di Starbucks a risolvere il conflitto o a convincere le due parti in guerra a smettere di massacrarsi fra di loro.