Microalghe: la richiesta in Italia è alta, ma la produzione nazionale non ce la fa

Cresce la richiesta di microalghe in Italia, anche per scopi alimentari, ma al momento a soddisfarla sono per lo più i produttori esteri.

Microalghe: la richiesta in Italia è alta, ma la produzione nazionale non ce la fa

Che le alghe siano uno dei cibi del futuro lo dimostra anche l’interesse della Commissione Europea, che ha appena lanciato una piattaforma per accelerare lo sviluppo di un’industria di settore. Anche in Italia la richiesta è alta e si attesta su circa 200 tonnellate, ma la produzione nazionale non tiene il passo, con appena il 13% della domanda soddisfatta internamente.

La richiesta di microalghe essiccate in Italia arriva da diversi ambiti, che vanno dall’alimentare e dalla nutraceutica alla cosmesi e alla farmacopea fino ai mangimi per i pesci. A oggi, la produzione nazionale di alghe è per i tre quarti concentrata sulla spirulina e in capo ad una decina di aziende che puntano sulla certificazione biologica, per l’alta qualità richiesta dal nostro mercato. La concorrenza è molto forte soprattutto per via della spirulina “certificata bio” proveniente da India, Cina e Sud-Est Asiatico che vanta prezzi che sono un terzo di quella europea.

alghe

I dati, rilasciati da AlgaeFarm, evento realizzato in collaborazione con AISAM – Associazione Italiana per lo Studio e le Applicazioni delle Microalghe a Pordenone Fiere, che ha colto l’occasione per fare il punto sull’alghicoltura. La recentissima ricerca della californiana StrategyR – sottolinea AlgeaFarm – rivede al rialzo le dimensioni del mercato attuale, a un passo dal miliardo di dollari (990 milioni) già l’anno scorso, con una previsione di crescita media annuale del 5,2% da qui al 2026. Secondo StrategyR, le due specie algali più importanti in questo momento, spirulina (49%) e chlorella (29,4%), trainano la crescita per il loro utilizzo in cibi e prodotti nutraceutici che vengono acquistati per il loro valore di rafforzamento delle difese dell’organismo, un effetto comportamentale derivante dalla pandemia e che già si è fatto sentire nella seconda metà del 2020 e nel 2021.