Miele, la produzione italiana crolla del 95%

Crisi profonda per la produzione italiana di miele, messa in ginocchio dalla severità dei cambiamenti climatici.

Miele, la produzione italiana crolla del 95%

Scatta l’allarme nel mondo del miele: il 2021 segna l’annata apistica più critica degli ultimi decenni per la produzione italiana.
In Toscana ed Emilia Romagna il crollo è del 95%, mentre in Lombardia si parla di danni per almeno 30 milioni di euro. A questo punto dell’anno un alveare di miele di acacia avrebbe prodotto in media circa 20 kg, mentre ora siamo tra i 500 g/1 kg.
A Montalcino, la riduzione così severa della produzione ha fatto saltare per la prima volta in circa cinquant’anni la Settimana del miele di Montalcino (Siena).
Una crisi profonda, che non lascia scampo nemmeno al Sud Italia: in molte zone della Sicilia e della Puglia la produzione di miele d’arancio è pressoché azzerata.

miele

Nel frattempo, l’Associazione apicoltori Arezzo Siena e Grosseto (Asga) si rivolge alla politica, chiedendo aiuti per “gli apicoltori che, non solo soffrono la mancata produzione di miele, ma dovranno provvedere al mantenimento delle api che non hanno sufficienti scorte per poter passare indenni l’inverno che sta bussando alle porte”. Tra gli altri obiettivi dell’Asga, c’è l’intenzione di “interessare le associazioni delle categorie agricole per un coinvolgimento più importante verso la salvaguardia del territorio e della sua meravigliosa biodiversità, trovando insieme delle sinergie per aiutare questi importantissimi animali a sopravvivere e produrre impollinazione per il benessere fondamentale della campagna e delle sue preziose colture”.

La causa, proprio come per la penuria nella produzione di frutta, è da ricercarsi nella crisi climatica. Gli sbalzi climatici e le gelate improvvise nel Nord e nel Centro Italia hanno infatti compromesso le produzioni primaverili di tarassaco e di ciliegio, con conseguente crollo della produzione del miele d’acacia. Discorso analogo per il Sud, dove il ritardo nelle fioriture hanno di fatto azzerato l’elaborazione del nettare necessario alle api per sviluppare le colonie per i raccolti successivi. Molti produttori sono dovuti intervenire con la nutrizione artificiale per evitare che le api morissero di fame.