Il cibo nello spazio è una sfida innanzitutto logistica. Esempio: sono banditi tutti i cibi che fanno briciole. C’è chi ha pensato di saltare a piè pari questa questione puntando sull’agricoltura – e l’Italia è all’avanguardia, in questo -, e c’è chi ha guardato altrove per trovare il giusto equilibrio tra necessità, gusto e praticità. Altrove, tipo nella vescica.
L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha da poco annunciato che nelle prossime missioni nel grande vuoto gli astronauti potrebbero nutrirsi di una nuova specialità ricavato da aria rarefatta e pipì. Lista degli ingredienti stringata il giusto ed eloquentissima: ma come funziona?
Come può la pipì diventare cibo spaziale?

Il nodo è chiaro – trovare soluzioni nutrienti e soddisfacenti che permettano di “di migliorare l’autonomia dei voli spaziali umani, la resilienza e anche il benessere dei nostri astronauti”. La dichiarazione appartiene ad Angelique Van Ombergen, responsabile scientifico dell’esplorazione spaziale dell’ESA; ma la pietanza in questione è svilupata dalla startup finlandese Solar Foods.
Il nuovo cibo spaziale si chiama Solein, ed è una polvere che fa dell’efficienza e della versatilità i propri punti di forza. La ricetta per prepararla prevede microbi, aria, elettricità e urea, composto organico che si trova comunemente – l’avrete intuito – nell’urina. E badate bene, trattasi di ingrediente chiave: fornisce di fatto la fonte di azoto essenziale per la sintesi delle proteine nello spazio.
I cervelli di casa ESA vogliono capire se il Solein può esser prodotto a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, così da dilatare sensibilmente i tempi di permanenza nello spazio e, in un futuro che potrebbe rivelarsi sorprendentemente prossimo, allungare il tiro fino a missioni su Marte. La sfida sta nella fisica: “Il comportamento di gas e liquidi in microgravità è notevolmente diverso” rispetto a quanto accade sulla Terra, spiega Arttu Luukanen di Solar Foods.
A oggi, il cibo che sale ai piani alti viene prevalentemente prodotto sulla Terra e poi portato sulla Stazione – una soluzione efficace, ma che svela tutte le sue carenze (economiche e non) in caso di viaggi a lungo raggio. Insomma: occorre trovare un modo per produrre cibo a bordo. “La nostra visione è che entro il 2035 Solein diventi la proteina fondamentale degli esploratori spaziali” ha concluso Luukanen.
