Non è bastato il ghiaccio a fermare l’aviaria: ora è arrivata fino all’Antartide continentale

L'influenza aviaria ha raggiunto per la prima volta l'Antartide continentale: la preoccupazione della comunità scientifica è per le dense colonie di uccelli locali.

Non è bastato il ghiaccio a fermare l’aviaria: ora è arrivata fino all’Antartide continentale

Da stagione epidemica a stagione dei record il passo è pericolosamente breve. Il ricordo della scorsa ondata, a più riprese definita come “la più grave di sempre” dalla comunità scientifica, è tutt’altro che sbiadito, ma le notizie più recenti fanno presagire che il peggio potrebbe ancora arrivare. L’influenzaaviaria ha raggiunto per la prima volta l‘Antartide continentale, con le autorità sanitarie locali che hanno segnalato la presenza del morbo in due uccelli trovati morti in prossimità della Base Primavera, la stazione di ricerca scientifica argentina nella penisola antartica.

“Questa scoperta dimostra per la prima volta che il virus dell’influenza aviaria altamente patogeno ha raggiunto l’Antartide, nonostante la distanza e le barriere naturali che lo separano dagli altri continenti” si legge in un rapporto governativo. Il dado è tratto, e la lettura degli scienziati dolorosamente puntuale: il virus si sta evidentemente diffondendo nella regione, con ogni probabilità attraverso le rotte degli uccelli migratori.

Influenza aviaria in Antartide: i pericoli per le colonie locali

influenza aviaria

Stagione dei record, dicevamo in apertura di articolo: oltre all’incursione in Antartide, appena un mese fa si segnalava la prima morte mai registrata di orso polare a causa dell‘influenza aviaria – una notizia che venne accolta con considerevole preoccupazione dalla comunità scientifica, allarmata dal prospetto di una rapida e spietata proliferazione del contagio nelle fitte colonie locali di uccelli e mammiferi.

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“Ci sono molte segnalazioni di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) che colpisce diverse specie nelle regioni antartiche in questa stagione”, ha affermato Matthew Dryden della UK Health Security Agency, sottolineando come le evidenti difficoltà di accesso e campionamento della fauna selvatica nel contesto locale possa avere “macchiato” le segnalazioni, tenendole più basse della effettiva realtà.

“Ora il problema è che potrebbe trasmettersi anche ad altre specie, come i pinguini” ha spiegato Antonio Alcamí, un ricercatore del Centro di biologia molecolare Severo Ochoa CSIC, che ha sede presso la base antartica spagnola. “Temo che sia solo una questione di tempo”.

D’altro canto è bene notare che tra le innumerevoli vittime mietute nel corso dell’ultimo biennio dall’influenza aviaria figurano anche i pinguini: il virus, ad esempio, era stato individuato nelle colonie in Sudafrica. L’approdo del morbo in Antartide, in altre parole, potrebbe fiorire in un’altissima mortalità nelle colonie locali, notoriamente dense.

Vale la pena ricordare, in chiusura di articolo, che nelle ultime ore è anche stata segnalata una positività in una bambina di 22 mesi a Hong Kong: il timore delle autorità sanitarie è che si tratti di un contagio uomo-uomo.