Non solo calorie: come i cibi ultra-processati influiscono sull’obesità

Una recente ricerca approfondisce il rapporto tra la diffusione degli UPF e quella dell'obesità: un rapporto che va molto al di là del semplice apporto calorico.

Non solo calorie: come i cibi ultra-processati influiscono sull’obesità

È stata pubblicata su Nature una ricerca di Filippa Juul, Euridice Martinez-Steele, Niyati Parekh e Carlos A. Monteiro, sul ruolo che i cibi ultra-processati hanno nei confronti dell’obesità: una condizione sempre più diffusa, che si sta rivelando parallela alla  maggiore diffusione dei cosiddetti UPF, ormai protagonisti di un vero e proprio cambio di paradigma nelle abitudini alimentari.

Cibi ultra-processati e obesità: non solo calorie

Cibo spazzatura

I cibi ultra-processati sono prodotti la cui vera complessità spesso ci sfugge: sono formulazioni industriali, create scomponendo gli alimenti nelle loro parti costituenti di base, come oli, amidi e zuccheri. Queste vengono poi modificate (ad esempio, attraverso processi enzimatici) e ricombinate con additivi “cosmetici” per migliorarne artificialmente sapore, colore, consistenza o conservazione.

I prodotti finiti possiedono caratteristiche nutrizionali, fisiche e chimiche “nuove dal punto di vista evolutivo” che il nostro corpo non è abituato a gestire, e che potrebbero influenzare il nostro apporto energetico e l’equilibrio del peso in molti modi ancora da approfondire, che vanno bel al di là del semplice conteggio delle calorie.

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Un esempio viene dalle consistenze morbide, spesso associate ad alta densità energetica che rendono gli UPF “iperpalatabili” (ovvero estremamente appetibili e gratificanti) e conseguentemente troppo facili da consumare in eccesso: una vera trappola, studiata per influenzare i nostri comportamenti ingestivi, disorientare la segnalazione di sazietà e “hackerare” i sistemi di ricompensa del cibo nel cervello, portandoci a mangiare di più prima di sentirci veramente sazi.

Anche elementi non nutritivi possono generare effetti obesogeni, come succede con gli emulsionanti, ampiamente utilizzati negli UPF, che possono alterare la composizione e la funzione del microbiota intestinale, un fattore chiave per la salute metabolica, o con l’uso di dolcificanti senza calorie  che può influire sull’assorbimento del glucosio.

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Nemmeno il processo di imballaggio è esente da problematiche: composti che migrano dagli imballaggi come ftalati e bisfenolo A, sono considerati interferenti endocrini e giocano un ruolo nella diffusione dell’obesità.

Per affrontare efficacemente quella che si può ormai definire un’emergenza, la ricerca sottolinea la necessità di sforzi politici a più livelli per ridurre il consumo di UPF e promuovere dei sistemi alimentari più salubri:  una serie di iniziative che potrebbero includere misure fiscali sui prodotti non salutari, l’implementazione di etichette di avvertimento chiare e ben visibili sulle confezione e restrizioni mirate al marketing dei cibi ulltra-processati.