La realtà è nota a tutti coloro che lavorano tra i tavoli o tra i fuochi, e non solo: le ore di lavoro sono tante, dure e abbracciano fine settimana e festività. In Turchia, quella che è una regola non sempre scritta ma sempre accettata si è inasprita quel tanto che basta da far scoppiare una polemica. Cuochi, camerieri e simili potranno lavorare 10 giorni di seguito. Ma come?
L’inizio dell’attuale stagione turistica ha visto entrare in vigore una modifica alla normativa sul riposo settimanale. Questione di prima e dopo: il prima era un giorno di riposo obbligatorio dopo un massimo di sei giorni lavorativi consecutivi. Il dopo permette di positicpare il riposo di cui sopra “su richiesta del dipendente”.
Flessibilità, quell’asso pigliatutto
La revisione di cui sopra implica una corposa iniezione di flessibilità lavorativa – presunta panacea a tutti i mali del mondo del lavoro notoriamente infiltratasi in contratti e simili anche dalle nostre parti. Presentata come rimedio e virtuoso ponte verso l’equilibrio vita-lavoro, quando spesso si trasforma in strumento di precariato. Il caso dei rider, l’avrete intuito, è un esempio più che eloquente.
Ma non divaghiamo. “Affidare la responsabilità del riposo settimanale al datore di lavoro è estremamente rischioso” ha commentato Gülşah Deniz Atalar, vicepresidente del principale partito di opposizione, il Partito Democratico Popolare (CHP), e responsabile per la cultura e il turismo. Il dado è tratto: vero che serve il consenso del dipendente, ma è anche vero che la pressione potenzialmente esercitata dal datore di lavoro è in grado di trasformare ogni “no” in un “va bene”.
Gökhan Aslan, segretario generale del sindacato Disk, ha invece parlato di un “attacco diretto a uno dei diritti più fondamentali dei lavoratori”, e cioè il – sacrosanto! – diritto al riposo. Vale poi la pena ricordare, come abbiamo accennato in apertura, che la novità si inserisce in un contesto – ristorazione, turismo, ospitalità – già macchiato da condizioni lavorative particolarmente severe. E le testimonianze, di fatto, confermano quanto sospettato.
Sono numerosi, ad esempio, i dipendenti del settore che nelle ultime settimane hanno alzato la voce per far presente che lavorare per settimane senza un giorno di riposo capiti già, e pure spesso e volentieri. La nuova normativa rischia di essere il semaforo verde che asfalta ogni chiacchiera di equilibrio tra lavoro e vita personale.