Pausa caffè al bar? Per la Cassazione nessun risarcimento se il lavoratore si infortuna

La Cassazione non ha dubbi: se il lavoratore si infortuna mentre fa la pausa caffè al bar non ha diritto a nessun risarcimento.

Pausa caffè al bar? Per la Cassazione nessun risarcimento se il lavoratore si infortuna

Prendete bene nota: per la Cassazione non è lecito chiedere nessun risarcimento per il lavoratore che si infortuna durante la pausa caffè al bar.

Ovviamente la Cassazione non vieta la pausa caffè durante l’orario di ufficio (anche se il Tar di Trento tempo fa aveva definito come “indecorosa” la pausa caffè a inizio turno), ma ha semplicemente stabilito che se il lavoratore si fa male mentre va a prendere una tazzina di caffè al bar durante la pausa caffè, ecco che non ha diritto né all’indennizzo per malattia né al riconoscimento di invalidità.

Con questa sentenza la Cassazione ha accolto il riscorso dell’Inail contro l’indennizzo e l’invalidità del 10% chiesto da una impiegata della Procura di Firenze. La donna si era rotta il polso destro cadendo in strada quando, autorizzata dal capo, era uscita un attimo per andare a prendersi un caffè al bar.

pausa caffè

Secondo i giudici, l’Inail ha ragione: la tazzina di caffè non fa parte delle esigenze impellenti collegate al lavoro, ma è una libera scelta.

La vicenda è accaduta nel luglio 2010. Rosanna B. è un’impiegata della Procura di Firenze. La Procura del capoluogo toscano non ha un bar interno e per prendere un caffè bisogna recarsi nel bar di fronte. Rosanna, chiesta l’autorizzazione al suo capo, era uscita per andare a bersi il caffè, ma era caduta e si era rotta il polso.

In primo e secondo grado, il Tribunale e la Corte di Appello di Firenze le avevano concesso sia il riconoscimento di infortunio sul lavoro che l’indennità di malattia assoluta temporanea. Inoltre le era stato anche dato l’indennizzo per danno permanente del 10% per l’incidente occorsole durante il tragitto verso il bar.

Ma adesso, 11 anni dopo la caduta, ecco che ha perso il diritto agli indennizzi: ora la donna dovrà pagare 5.300 euro di spese legali.

Secondo i giudici della Cassazione, infatti, la donna non ha diritto alla tutela assicurativa dell’Inail in quanto ha affrontato un rischio nato da una “scelta arbitraria”, volto a “soddisfare esigenze personali” che ha creato e affrontato volutamente trovandosi in una situazione diversa da quella inerente l’attività lavorativa.

Sempre secondo la Cassazione, Rosanna B., scegliendo di andare al bar, “si è volontariamente esposta ad un rischio non necessariamente connesso all’attività lavorativa per il soddisfacimento di un bisogno certamente procrastinabile e non impellente”.