Perché Brewdog dopo l’enorme successo non convince più il pubblico inglese?

Da punk a corporate, BrewDog ha ormai totalmente perso la sua identità, e le vendite calano di conseguenza.

Perché Brewdog dopo l’enorme successo non convince più il pubblico inglese?

Gli appassionati della prima ora della birra artigianale ormai se ne sono fatti una ragione: il marchio BrewDog non ha più nulla a che vedere col movimento craft e i tempi in cui ci si avventurava nei pub che attaccavano alle loro spine le prime Punk o Hardcore IPA disponibili su territorio italiano sono ormai lontani, almeno 3 lustri.

Ma se in Italia abbiamo potuto consolarci dal “tradimento” del birrificio scozzese grazie alla qualità dei nostri birrifici artigianali, nel Regno Unito l’inesorabile involuzione del marchio da indipendente e punk a industriale e corporate è una questione ben più complessa: il Guardian ha quindi fatto una ricostruzione approfondita, interpellando esperti del settore, per ricostruire la caduta di uno dei più importanti birrifici artigianali europei.

Dal punk ai fondi d’investimento

brewdog

Ci fu un tempo in cui BrewDog, la birreria autodefinitasi “punk” fondata in Scozia nel 2007, era il volto rivoluzionario dell’avanguardia nel mondo della birra artigianale: Matt Curtis, redattore di Pellicle, magazine gastronomico, diceva di “adorare tutto quello che facevano, hanno portato l’impeto della scena americana nel Regno Unito, e ci voleva proprio”.

Quando la storia d’amore tra il birrificio e si suoi molto seguaci si sia interrotta è ancora oggetto di dibattito tra gli appassionati, ma un punto di svolta fu sicuramente l’investimento di 213 milioni di sterline da parte del gruppo TSG Consumer Partners nel 2017. Melissa Cole, scrittrice di birra e cibo, si interroga: “come puoi ripresentarti ai tuoi fan dopo l’investimento di un fondo privato?”.

I pub del Regno Unito stanno boicottando la BrewDog I pub del Regno Unito stanno boicottando la BrewDog

A ciò si aggiunse la lettera aperta del 2021 di “Punks with Purpose”, che denunciava una “cultura della paura” tossica. Questo momento fu critico, come evidenziato da Curtis: “per quanti gli avessero concesso il beneficio del dubbio, quello fu il momento in cui le persone iniziarono a pensare che non meritassero di essere elevati a modelli della birra indipendente”.

L’iniziativa Pink IPA del 2018, una birra per ragazze” -semplicemente la Punk con un’altra etichetta- non fu accolta positivamente, e fu solo una delle tante, controverse operazioni di marketing che servirono solo a rimediare minacce legali, offuscando ulteriormente l’immagine ribelle.

Anche le finanze dell’azienda mostrano chiari segni di rallentamento: i risultati per il 2024 hanno interrotto anni di crescita, con vendite aumentate di meno dell’1% a 357 milioni di sterline e ricavi netti in leggera diminuzione, portando a quasi 100 milioni di sterline di perdite al lordo delle imposte negli ultimi due anni, e nel 2025, i prodotti BrewDog sono stati rimossi da 2.000 pub, e 10 dei suoi bar nel Regno Unito saranno chiusi.

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Gli osservatori concordano che si sia raggiunto, e probabilmente superato, il “picco BrewDog” e il comportamento del co-fondatore James Watt dopo le dimissioni da CEO sembra aver completato la migrazione nell’establishment.

Pete Brown, scrittore di birra, ha un paragone forte per questa evoluzione: “è come la rivoluzione francese, inevitabilmente i rivoluzionari diventano i reazionari” e Cole conclude: “BrewDog ha perso totalmente la sua identità, e se anche sempre stato uno specchietto per le allodole ormai è irrilevante”.