Arriva un nuovo round di aggiornamenti da casa Starbucks, e non sono dei migliori. Gli ultimi anni sono stati a dir poco turbolenti per la gigantesca catena di caffè, che ha attraversato rapidi cambi di AD – l’ultimo, Brian Niccol, in carica da circa un anno –, ritorni alle origini e dietrofront sugli stessi. Il piano di rinnovamento del brand passa anche, a fasi alterne, per la chiusura e apertura di non pochi punti vendita. Degli ultimi giorni è la notizia che la catena della sirena chiuderà l’1% dei suoi store in Nord America. Se vi sembra una cifra irrisoria, ricredetevi: su un totale di circa 32.000 location in tutto il mondo, questa apparentemente minima percentuale si traduce in circa 400 store chiusi e 900 dipendenti mandati a casa. Ma perché succede tutto questo, proprio nel Paese in cui Starbucks è stata fondata?
Le odierne sfide di Starbucks
Negli ultimi anni, di manovre per risollevare Starbucks non ne sono mancate, specie per mano del “nuovo” AD Brian Niccol. Ma né l’introduzione di bibite proteiche (in linea con le tendenze moderne), né l’avanguardistica progettazione di uno store in 3D sono bastate a tirare fuori il colosso del caffè dai guai.
E con guai intendiamo il costante calo delle vendite che ormai accompagna il gigante di Seattle da sei trimestri di fila. Gli investitori, però, sembrano avere ancora fiducia in Niccol, che in passato è stato capace di far tornare a sorridere catene in difficoltà del calibro di Chipotle e Taco Bell.
Ma i dipendenti del Nord America avranno una visione diversa del CEO, che ha annunciato la chiusura di circa 400 punti vendita in questa area geografica. Il motivo ufficiale risiede nel fatto che gli store non sono “ciò che i clienti e i partner si aspettano”, come ha affermato l’AD.
Alzando il coperchio, bolle in pentola più di una ragione per il calo di interesse nei confronti del brand; una tra le principali è l’aumento dei prezzi. Secondo una recente indagine di UBS, il 70% dei clienti ha dichiarato che questo è il motivo numero uno per cui intende frequentare meno Starbucks.
Ma non sono solo i prezzi a motivare il disinteresse. La comparsa di nuove caffetterie (indipendenti o catene) avversarie rappresenta una sfida per il gigante statunitense, che deve anche fare i conti con il galoppare di nuovi competitor di grandi dimensioni, come Luckin Coffee, la più grande catena cinese di caffetterie di recente arrivata a New York.