Lo sforzo per rendere l’agricoltura più amica dell’ambiente passa evidentemente per molte strade – anche quella, perché no, dei premi. Vero, forse non dovrebbe esserci bisogno di un riconoscimento per innescare in noi la voglia di salvare il pianeta, ma ogni spintarella è la benvenuta: ci riferiamo ai Farming Awards, lanciati dalla Peta per aiutare i consumatori del Regno Unito nella loro ricerca di alimenti rispettosi del clima e degli animali e al contempo mettere in luce gli operatori della filiera che hanno deciso di adottare pratiche sostenibili e una produzione ecologica.
Un’occhiata ai vincitori
L‘agricoltura è d’altronde da parecchio tempo indagata come uno dei principali colpevoli del cambiamento climatico. Di recente, molti governi hanno deciso di agire in maniera attiva andando a tassare le emissioni di attività come gli allevamenti intensivi – il caso dell’ormai famosa “tassa sui rutti” della Nuova Zelanda – o addirittura proponendo loro un ultimatum, come abbiamo visto in Olanda: o vi innovate, o vi compriamo e vi facciamo chiudere.
Ecco, i Farming Awards scelgono invece di concentrarsi su quelle attività che, senza minacce o tasse, hanno deciso autonomamente di tamponare le proprie emissioni e migliorare il proprio impatto ambientale. “Ogni vincitore di questo nuovissimo premio sta dimostrando l’eccellenza nel proprio campo” ha commentato a tal proposito Dawn Carr, direttore dei progetti aziendali di PETA.
Tra i vincitori troviamo, ad esempio, un ex allevamento di bovini e latticini diventato “vegano”: Laurence Candy, il proprietario, ha infatti preso la coraggiosa decisione di ritirare la propria mandria di mucche e passare alla produzione di cereali. Inizialmente, Laurence aveva pianificato di trasformare la sua fattoria per la produzione bio. Ma i costi associati e l’impatto ambientale, insieme al calo della domanda di latte biologico e alla coscienza pesante, lo hanno portato a cercare altre opzioni.
L’agricoltura biociclica vegana è una forma di agricoltura biologica puramente vegetale, che esclude qualsiasi input di origine animale. “Questo sistema di allevamento mira a arrecare il minor danno possibile agli animali e all’ambiente e abbraccia i principi vegani” spiega Laurence. E le mucche, che fine hanno fatto? Beh, ora vivono tranquillamente all’Hillside Animal Sanctuary nel Norfolk.
Altro caso decisamente particolare è quello dell’azienda scozzese SHORE Seaweed, che coltiva 10 specie di alghe in maniera sostenibile trasformando il raccolto in pesto, patatine e altri prodotti ricchi di proteine, fibre, magnesio, calcio, ferro e iodio. “Le alghe sono altamente nutrienti e vengono coltivate in armonia con la natura senza utilizzare terra, acqua dolce o input chimici”, afferma l’amministratore delegato dell’azienda, Peter Elbourne.
Situata a Wick, nell’estremo nord-est della Scozia, una delle comunità più remote del Regno Unito, la politica aziendale di SHORE prevede che le alghe vengano raccolte a mano in modo da consentire la ricrescita naturale delle piante: l’azienda gestisce con cura la diversità vegetale locale dei suoi siti di raccolta per garantire che le sue tecniche siano sostenibili. Chissà che, con il clima sempre più caldo e siccitoso dalle nostre parti, il futuro non preveda il fiorire di attività di questo tipo?