Paradosso col sapore della necessità. Il Rapporto Coop 2025 è composto da novanta slides di analisi che restituiscono un quadro complessivamente preoccupante. Il sunto, parecchio stringato, è che gli italiani possono permettersi sempre meno e con sempre più fatica. Tra quel che rimane con cui riempire il carrello c’è il cibo ultra processato.
I dati, anche e soprattutto quelli precedenti al Rapporto di cui sopra, parlano chiarlo: gli italiani mangiano sempre più cibi ultra processati, con quasi un quarto dell’apporto energetico giornaliero che proviene, per l’appunto, da questa categoria di prodotti.
Che facciano male è common knowledge: alla lista degli imputati siedono cancro, depressione, diabete, invecchiamento precoce del corpo e della mente; morte prematura. Se pensate che non vi riguardino è perché probabilmente non sapete quali sono. Ma lo sappiamo, effettivamente, quali sono?
“Più leggo…”
Più leggo e meno compro, si legge a titolo di un eloquentissimo grafico. Siamo a pagina 71 del Rapporto, completamente dedicata agli alimenti ultra processati e affini. Il grafico nostro protagonsita racconta di un rapporto inversamente proporzionale tra il numero di additivi in etichetta e le vendite. Tradotto: più leggo e meno compro.
I numeri spiegano del calo di vendite a volume, in formato percentuale, relazionandolo al numero di additivi menzionati in etichetta. Il contenuto ve l’abbiamo già spoilerato: un additivo per etichetta porta a un calo del 2,3% nelle vendite, due additivi del 3,8%, tre del 5,7%. Poi due acuti: quattro additivi che “tolgono” 14,9 punti percentuali e cinque a 11,8%. Come a dire: da tre a quattro casca il mondo, da quattro a cinque abbiamo accettato che tanto alla fine i documenti di marmo toccano a tutti.
Si sdrammatizza, ma la situazione è preoccupante. Il Rapporto riprende i tassi di vendita sopracitati, con gli alimenti UP che incidono sul 25% del totale dei prodotti e sul 22% del totale delle vendite: sono nel nostro piatto una volta su quattro. Tra le categorie più popolari ci sono i precotti, i freschi dolci, i gelati, i salumi.
Quando l’etichetta parla e ci ricorda che fanno male tendiamo a posarli a scaffale, ed è interessante, ma i volumi di vendita, come abbiamo visto, sono più che eloquenti. E se calati nel quadro generale del rapporto – gli italiani possono permettersi sempre meno, dicevamo – possono significare solo che a volte questi cibi sono gli unici che stanno in tasca.