Pomodoro “confezionato in Italia” ma prodotto in Cina: inchiesta sulla violazioni dei diritti umani

Un'inchiesta del sito IrpiMedia collega lo sfruttamento e la repressione della minoranza uigura in Cina con le tonnellate di pomodoro concentrato che arrivano qui e ripartono con l'etichetta "confezionato in Italia"

Pomodoro “confezionato in Italia” ma prodotto in Cina: inchiesta sulla violazioni dei diritti umani

Sfruttamento della minoranza musulmana degli uiguri e violazioni dei diritti umani dietro la coltivazione dei pomodori in Cina. Pomodori che poi vengono trasformati in concentrato e spediti qui, dove il prodotto viene preparato per la vendita con la dicitura “confezionato in Italia“. Lo afferma un’inchiesta della testata indipendente Irpimedia, che fa parte di un network internazionale e ha lavorato a questo argomento insieme a CBC Canada.

Il punto quale sarebbe? Nello Xinjiang è presente una minoranza di etnia uigura e di religione musulmana, che da sempre viene discriminata. Scrive il sito: “Decine di migliaia di tonnellate di concentrato di pomodoro proveniente dalla regione cinese dello Xinjiang sbarcano in Italia ogni mese. Entrano in alcune tra le più importanti aziende conserviere in fusti da diversi chili ed escono sotto forma di tubetti o barattoli pronti per essere consumati in tutto il mondo. Questi prodotti, almeno in parte, sono collegati a un sistema di capillare repressione che il governo di Pechino applica nei confronti della minoranza etnica degli uiguri. Ma, una volta ‘ripulito’ dagli stabilimenti italiani il legame con lo Xinjiang scompare. Per il consumatore è praticamente impossibile esserne a conoscenza”.

concentrato di pomodoro

Il prodotto così non solo acquisirebbe una maggiore appetibilità sul mercato grazie alla presenza del nome Italia, ma per di più si “laverebbe” dalle macchie. Adrian Zenz, antropologo tedesco, ha dichiarato a IrpiMedia che le aziende conserviere italiane dovrebbero cessare l’acquisto di concentrato di pomodoro proveniente dallo Xinjiang: “Con il loro comportamento le aziende si rendono complici della campagna di repressione di Pechino nei confronti degli uiguri”. Per esempio gli Stati Uniti da inizio anno vietano l’importazione di derivati del pomodoro che abbiano qualsiasi collegamento con la Regione Autonoma.

Ma altrove non è così. Scrive IrpiMedia: “L’Italia è di gran lunga il primo mercato al mondo di destinazione del concentrato cinese: nel 2020 ne sono arrivate più di 97 mila tonnellate, circa l’11% delle esportazioni totali di Pechino. Gli sbarchi di concentrato cinese in Italia sono più che raddoppiati nel 2021, con navi che approdano nei porti di Salerno e Napoli quasi tutti i giorni. Da sempre gli operatori del settore giurano che la materia prima non viene utilizzata in prodotti destinati al mercato italiano, ma in tubetti di concentrato e altri derivati venduti all’estero. Di preciso, però, non si sa”.

Gli uiguri abitano una zona molto povera dello Xinjiang, e secondo alcuni analisti dietro l’opportunità di trasferirsi altrove per lavorare, offerta dal governo cinese, ci sarebbe un obbligo mascherato, volto a portare migliaia di persone nei campi di pomodori. L’inchiesta è lunga, e tutta da leggere.