Può il no-caffeina diventare il no-alcol dei millennials?

La tendenza di una generazione sulla via della mezza età vira su bevande a zero o basso contenuto di caffeina. E il mercato risponde.

Può il no-caffeina diventare il no-alcol dei millennials?

La prima sentinella di un cambiamento nei consumi in campo gastronomico passa dal bicchiere. O in questo caso da una tazzina. L’atto del bere del resto, proprio per la sua immediatezza e facilità, è quello che più di tutti accompagna occasioni e rituali sociali. Così, nel momento in cui le nuove generazioni si allontanano dall’alcol, ce ne accorgiamo subito. E lo stesso accade se, per esempio, al bar spuntano tante alternative senza caffeina.

Se ne è accorto anche il New York Times, con un reportage che analizza il mercato in espansione accelerata delle bevande diverse dal caffè su suolo americano. Una tendenza che riguarda in particolare la generazione che si sta avvicinando al giro di boa della mezza età, e che ne rispecchia le aspirazioni salutiste o presunte tali. Il pezzo ci offre dunque uno spunto di riflessione: può il no-caffeina diventare il no-alcol dei millennials?

Inversioni di tendenza

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Vi do una notizia: i millennials stanno invecchiando. Gli “eterni giovani”, come sono stati più volte definiti, forse non vogliono ammetterlo, ma i numeri non mentono. Per chi è nato fra gli anni Ottanta e Novanta la cosiddetta età della febbre si avvicina (e in caso dei più anziani è già stata superata) inesorabilmente. E con essa tutta una serie di acciacchi e disturbi che prima nessuno di questi quasi/neo quarantenni si sognava lontanamente. Il cambiamento dei consumi, ahimè, passa anche da qui.

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Consideriamo il caffè: protagonista fisso della proverbiale pausa, scusa più gettonata per darsi appuntamento, sveglia obbligatoria per milioni di persone. Una garanzia quindi. Finché non ti tradisce, e ogni sorso si trasforma in supplizio. Ansia, tachicardia, reflusso gastrico, intestino irritabile. La domanda sorge spontanea: ma non è che sto caffè mi diventa veleno? A malincuore tocca decidere. Se perseverare nella dipendenza collettiva, oppure rinunciare definitivamente alla tazzina di rito.

Il problema, d’altra parte, sembra non sussistere fra i più giovani membri delle generazioni Zeta e Alpha. Che da una parte rifuggono lo spritzino et similia, prerogativa della generazione precedente che ha eletto l’aperitivo a diktat sociale per antonomasia. Dall’altra, non si fanno problemi a imbottirsi di caffeina nelle forme più disparate ed estreme. Dal classico americano in formato XL alle bibite formulate apposta per sfidare le leggi di tolleranza fisiologica umana per la sostanza. Così abbiamo due tendenze parallele: no-alcol e no-caffeina per motivi, età e congiunture sociali diverse. E il mercato naturalmente risponde.

Bevande (e caffeine) alternative

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Ce lo dice anche il New York Times: non c’è mai stato un momento migliore per smettere con la caffeina. In tutti gli Stati Uniti, da sempre permeati da tendenze multiple che rispecchiano la pluralità di culture, le alternative al caffè sono in piena fioritura. E piano piano il trend sta percolando anche in Europa e Italia, con negozi specializzati dal sapore ora asiatico, ora minimalista, ora stile cartone animato. Nei menu fanno capolino tè ricercati, tea latte (matcha, chai, boba), infusi, bevande funzionali ai funghi. Senza dimenticare il caro vecchio decaffeinato.

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La tendenza va di pari passo con quella sobria. Così come i cosiddetti sober curious si avvicinano a bevande sia no che low (a basso contenuto di) alcol, i no-caffeine curious scelgono anche di non rinunciarvi del tutto. O meglio, utilizzare forme alternative, più dolci per così dire, di caffeina. Un esempio classico è il matcha, che in quanto a teina non scherza ma si arricchisce di un alto contenuto antiossidante. Si cita giustamente l’hojicha, un tipo di matcha arrostito a minor contenuto di caffeina ottenuto proprio grazie al processo produttivo.

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E poi c’è chi si sforza di evitarla del tutto, e dall’altra parte proporre alternative davvero valide e interessanti. Negli USA c’è fermento di sperimentazione creativa dietro ai banconi dei bar: infusi asiatici ai cereali, fiori di ibisco e camomilla, tè al cordyceps e ashwaganda. L’ultima frontiera è anche la più scontata da cui partire: il caffè decaffeinato. Sempre più baristi sono in missione per conto di stomaci delicati nel lavoro di selezione, tostatura, valorizzazione di questi chicchi privati (secondo i più) della loro ragion d’essere.

Non sappiamo ancora se il no-caffeina prenderà piede in modo altrettanto incisivo qui, nella terra degli irriducibili della tazzulella. Ma a giudicare da quello che gira su TikTok e per le strade dei centri urbani, nonché dalle ricette mediche di una generazione sulla via dell’età matura, non siamo troppo lontani. E poi diciamocelo: il solito caffè ha rotto. Oltre la tazzina, un mondo di possibilità aspetta solo di diventare il vostro sostituto preferito.