Ristoranti: l’obbligo del Pos ha danneggiato gli affari della ‘Ndrangheta

A quanto pare l'obbligo di Pos nei ristoranti ha danneggiato gli affari della 'Ndrangheta che ha avuto problemi a riciclare il nero

Ristoranti: l’obbligo del Pos ha danneggiato gli affari della ‘Ndrangheta

Secondo alcune intercettazioni, a quanto pare a Roma l’obbligo di Pos nei ristoranti ha scatenato qualche problema alla ‘Ndrangheta, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di riciclare il nero. Secondo quanto raccontato da Il Messaggero, a Roma la ‘Ndrangheta gestiva diversi ristoranti.

Proprio due giorni fa, a seguito dell’operazione Eureka, ecco che è stato arrestato Domenico Giorgi, “signore” di un vero e proprio impero nel settore della ristorazione che comprendeva anche la società italiana Caffè In srl, la quale a sua volta controllava il ristorante Antica Trattoria da Pallotta nella capitale e di cui facevano parte anche nove società portoghesi che controllavano cinque ristoranti in Portogallo. Tutti i proventi di questi locali finivano in una cassa comune e venivano poi suddivisi fra i soci, alcuni occulti.

Perché l’obbligo del Pos nei ristoranti ha causato problemi alla ‘Ndrangheta?

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Le intercettazioni del Ros hanno permesso al Gip di scoprire come facessero gli uomini della ‘Ndrangheta a ripulire i ricavi, sfruttando proprio i pagamenti in nero. Proprio in queste intercettazioni alcuni di loro si lamentavano del fatto che l’obbligo del Pos aveva provocato danno notevoli, sostenendo di aver perso almeno un milione di euro.

Il Gip ha rivelato che i due si lamentavano dei pagamenti fatti tramite il Pos, cosa che limitava di parecchio la possibilità di deviare soldi dagli incassi delle varie società coinvolte nella vicenda.

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Anche la pandemia pare che abbia avuto effetti negativi su tali proventi illeciti. Un’intercettazione risalente al 22 novembre 2021 vede protagonisti Francesco Giorgi e Francesco Nirta. I due riepilogano le spartizioni fatte nei mesi precedenti, comprendenti sia i ricavi del ristorante romano che di quelli portoghesi. Qui i due rivelano di aver ricevuto a testa una quota di 16.135 euro.

Nell’intercettazione i due si lamentano del fatto che nel 2018 la quota a testa era stata di 29mila euro, mentre nel 2017 erano arrivati a 48mila a testa. La stessa cosa sarebbe potuta succedere nel 2021 se non ci fossero state le chiusure causate dalla pandemia. I due ammettono che tali chiusure li hanno rovinati.

E la stessa cosa sarebbe successa, poi, anche con l’obbligo del Pos. Ricordiamo che l’operazione denominata Eureka ha permesso alle forze dell’ordine di arrestare un centinaio di affiliati all’assciazione mafiosa, permettendo anche di stabilire che le cosche lavorano anche al di fuori dei confini nazionali. Per la precisione, le cosche pare che abbiano interessi in almeno otto paesi europei, fra cui anche la Germania.