La stragrande maggioranza di insegnanti e genitori – rispettivamente il 73% e l’88%, a essere precisi – concordano nell’assegnare alla scuola un ruolo di assoluto rilievo nell’educazione alimentare dei propri figli. Il che, sia ben chiaro, è perfettamente comprensibile: introdurre i più piccoli ai fondamenti di un’alimentazione corretta è importante e declinarne l’insegnamento all’interno di uno spazio dove, per definizione, si sbaglia e si impara è un ragionamento corretto. Il problema, però, è che attualmente appena un bambino su due (49%) ha accesso a un servizio di mensa, con picchi che nel caso del Sud e delle Isole arrivano al 67%. Il motivo è semplice: solo un edificio su tre (29%) è dotato di una mensa effettiva, con enormi difformità territoriali.
Si tratta di quanto emerso dalla più recente analisi redatta da Elior, leader della ristorazione, commissionato a The European House-Ambrosetti in occasione della riapertura delle scuole; in cui si è sottolineato che, come anticipato, quasi tutti gli intervistati hanno attribuito grande importanza all’argomento dell’educazione alimentare, dove per l’89% dei genitori la famiglia continua a rivestire il ruolo primario, ma solo il 13% segue i principi della dieta mediterranea. Un terzo circa è effettivamente consapevole di quante porzioni di frutta e verdura vadano mangiate, ma solo l’8% riesce a convincere i propri figli a consumarle regolarmente; e per di più un bambino su quattro non pratica alcuna attività fisica.
Dall’analisi emerge inoltre che il grado di preparazione degli insegnanti sul tema è considerato medio (punteggio di 3,4 su 5) e solo il 7% delle attività di educazione alimentare nelle scuole coinvolge specialisti. Il 18% ritiene che gli insegnanti possano anche solo fornire le basi della materia, mentre il restante 6% pensa che ci siano altre priorità da insegnare a scuola.