Starbucks: anche i “colletti bianchi” dell’azienda sostengono la lotta dei sindacati

Alla fine anche i colletti bianchi (amministrativi e manager) si sono schierati con i sindacati contro la dirigenza di Starbucks. Ma cosa li ha convinti?

Starbucks: anche i “colletti bianchi” dell’azienda sostengono la lotta dei sindacati

Meglio tardi che mai: anche i colletti bianchi di Starbucks, cioè il personale amministrativo, gli impiegati e i manager, stanno cominciando a schierarsi dalla parte dei sindacati. Come sempre accade in questi casi la causa scatenante è stata una decisione presa dalle alte sfere della dirigenza che non garba tanto a ai manager e agli impiegati.

Perché i colletti bianchi di Starbucks sostengono i sindacati?

Starbucks caffè

In Starbucks non lavorano solo baristi, ma c’è tutta una sezione di personale amministrativo e impiegatizio che contribuisce a tenere su l’azienda. In realtà, finora, la questione relative ai sindacati, assai invisi dalla dirigenza di Starbucks, hanno interessato soprattutto il personale attivo nei locali del colosso e meno i colletti bianchi.

Ma come spesso succede, ecco che non appena anche questi ultimi sono stati toccati da una decisione a loro non favorevole, ecco che improvvisamente si sono accodati ai loro colleghi. In pratica dozzine di impiegati e manager di Starbucks hanno deciso di firmare una lettera aperta per protestare contro la decisione dell’azienda di ridurre lo smart working e anche contro l’ostilità dimostrata dalle sfere alte nei confronti con i sindacati.

Gli amministrativi nella lettera hanno spiegato che adorano Starbucks, ma il modo di agire dell’azienda sta incrinando la fiducia nella leadership. I colletti bianchi avvertono che il morale è ai minimi storici e che sia la reputazione del marchio che il suo valore finanziario della società (che ricordiamo è quotata in Borsa) sono a rischio.

La lettera continua che sia la violazione dei diritti di sindacalizzazione dei baristi, sia il fatto di sottoporre i colletti bianchi a un brusco ritorno al lavoro in presenza sono aspetti dello stesso problema: l’azienda non ascolta i dipendenti.

I colletti bianchi hanno poi terminato sostenendo che loro credono in Starbucks e nei suoi valori fondamentali, ma che vogliono un ritorno a quei valori.

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Ok, il tutto potrebbe sembrare un po’ opportunistico: finora non è che i colletti bianchi abbiano mai manifestato così tanta solidarietà con i baristi. Ma adesso che anche il loro orticello è stato messo a rischio, ecco che improvvisamente fanno fronte comune. Ma vabbè, fa parte della natura umana.

Che sia giunto anche il momento per i colletti bianchi di sindacalizzarsi? Al momento la lettera è stata firmata da una cinquantina circa di amministrativi, ma dietro di essi ce ne sono tanti altri che, però, non hanno voluto esporsi con nomi e cognomi per evitare eventuali ritorsioni da parte dell’azienda.

Secondo i dati diffusi dalla società, negli Stati Uniti Starbucks vanta una forza lavoro di 258mila persone: di queste, 248mila lavorano direttamente nei locali, mentre il resto lavora nel settore del supporto aziendale, in quello dello sviluppo dei negozi, nella torrefazione, nella produzione, nello stoccaggio e nella distribuzione.

Ma perché i colletti bianchi si sono svegliati solo adesso? Beh, a gennaio l’amministratore delegato Howard Schultz ha fatto recapitare una nota in cui diceva ai dipendenti che stavano lavorando in smart working che sarebbero dovuti tornare a lavorare in presenza in ufficio tre giorni a settimana. Nella nota Schultz aveva motivato la decisione sostenendo che i baristi stavano chiedendo loro di compiere un lavoro di trasformazione che poteva essere svolto in modo efficace solamente quando si era fisicamente insieme.

Astuto Schultz: ha tentato di scaricare sui baristi quella che chiaramente è una decisione che con i baristi nulla ha a che fare, visto che dipende solamente dalla mania della classe dirigenziale alta di voler tenere i dipendenti sotto controllo fisicamente anche quando è lampante che quel determinato lavoro può essere svolto tranquillamente in smart working da casa. Perché se c’è una cosa che la pandemia ci ha insegnato è che molti lavori si possono fare da casa e che la presenza fisica in azienda non è sempre necessaria ovunque.

Solo che Schultz ha ottenuto esattamente l’effetto opposto: i colletti bianchi non se la sono presa con i baristi, anzi, hanno iniziato a sostenere le loro posizioni. Infatti nella lettera i colletti bianchi hanno affermato che tutti gli sforzi antisindacali dell’azienda puniscono i baristi che stanno sfidando lo status quo. Inoltre la richiesta di tornare a lavorare in presenza finisce solo col danneggiare la produttività, il morale, l’accessibilità e la sostenibilità.

Uno dei dipendenti di Starbucks ha spiegato che, dopo aver ricevuto la nota di Schultz, si è sentito come se stesse lavorando per un dittatore: questo non è più lo Starbucks per cui aveva iniziato a lavorare.