Supermercati e contenitori portati dai clienti: il 56% dei punti vendita non rispetta la legge

I clienti dei supermercati che chiedono di farsi imballare del cibo nei contenitori portati da casa spesso non vengono accontentati.

Supermercati e contenitori portati dai clienti: il 56% dei punti vendita non rispetta la legge

Sono passati (poco più di) tre anni dal Decreto Clima, introdotto il 12 dicembre del 2019 – una legge che di fatto permette ai clienti dei supermercati di “utilizzare contenitori propri purché riutilizzabili, puliti e idonei per uso alimentare”. In altre parole, per fugare ogni dubbio, è consentito per legge chiedere di farsi imballare formaggi, carne e chi più ne ha più ne metta nei contenitori portati da casa – una possibilità che, almeno virtualmente, dovrebbe limitare l’utilizzo di plastica. La realtà, tuttavia, è radicalmente differente: basti dare un’occhiata alla più recente video-inchiesta di Greenpeace, poi pubblicata in anteprima da Il Fatto Quotidiano, dalla quale è emerso che nel 56% dei casi tale legge non viene rispettata.

Contenitori riutilizzabili al supermercato: l’inchiesta di Greenpeace

supermercato

L’indagine si è svolta nel lasso temporale compreso tra il 20 ottobre e il 21 novembre 2022, e ha preso in esame 54 dei punti vendita appartenenti ad alcune delle catene più importanti (Conad, Coop, Selex, Végé, Eurospin, Esselunga e Sogegross) distribuiti nei contesti di dieci città italiane (Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Pisa, Roma, Torino e Trieste). I risultati ve li abbiamo già accennati: in 30 dei 54 supermercati in cui si è svolta l’inchiesta non è stato concesso l’utilizzo di contenitori riutilizzabili portati da casa, con i motivi forniti dai dipendenti che spaziano dall’impossibilità di apporre lo scontrino alla semplice mancanza di autorizzazione per usare contenitori di provenienza sconosciuta.

Importante notare, rimanendo in questo contesto, che buona parte degli operatori con cui i volontari di Greenpeace hanno avuto modo di interagire ha dichiarato di non essere a conoscenza delle disposizioni previste dal sopracitato Decreto Clima – una negligenza, quest’ultima, che secondo la lettura offerta da Greenpeace passa attraverso “l’assenza di disposizioni da parte della casa madre”, lasciando la possibilità di utilizzare un contenitore portato da casa “alla disponibilità e alla buona volontà del singolo addetto”.

“È inaccettabile che questa modalità di vendita sia ancora poco nota al personale addetto alle vendite tanto da essere negata alla clientela in più della metà dei supermercati che abbiamo visitato” ha commentato a tal proposito Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace. “Non solo i supermercati italiani continuano a basare il loro business sul massiccio ricorso al monouso in plastica e mancano di investimenti in sistemi di riuso, ma addirittura spesso negano l’applicazione delle normative vigenti sui contenitori riutilizzabili”.

Un caso, quello che vi abbiamo appena raccontato, che trova una certa risonanza anche nel modello proposto dalla doggy bag, semplice scatola che può essere utilizzata per portarsi a casa gli avanzi della cena o del ristorante di turno. Un’idea innegabilmente virtuosa, tanto che lo stesso Luca Zaia l’ha commentata sostenendo che dovrebbe di fatto essere obbligatoria; ma che al momento trova uno scarso impiego sul territorio nazionale.