Vino: il 75% del fermo destinato all’export è in fascia popular

Vinitaly Special Edition: l'Osservatorio di Unione Italiana Vini fa sapere che il 75% del vino destinato all'export è in fascia popular.

Vino: il 75% del fermo destinato all’export è in fascia popular

Arrivano i primi dati da Vinitaly Special Edition: uno studio realizzato dall’Osservatorio di Unione Italiana Vini (UIV) ha evidenziato come il 75% del vino fermo destinato all’export sia in fascia popular, quella che non supera i 6 euro al litro.

Solamente il 5% del vino fermo italiano esportato arriva da cantine che lo vendono a più di 9 euro al litro. Si tratta di un posizionamento decisamente più basso rispetto a competitor come Francia, Australia e Nuova Zelanda.

Secondo i dati di questa ricerca, il segmento popular, quello da 3-6 euro/litro è il vino italiano più esportato nel mondo, con quasi la metà dei volumi. A seguire troviamo il basic, quello fino a 3 euro al litro con il 28% delle esportazioni.

In terza posizione abbiamo il premium, il vino da 6-9 euro al litro con il 20% delle esportazioni, con in quarta posizione il superpremium, il vino che supera i 9 euro al litro.

Nonostante la crescita generale del prezzo medio e nonostante le eccezioni rappresentate dai rossi piemontesi e toscani, ecco che in questo settore l’Italia ha ampi margini di miglioramento.

Pensando alle esportazioni negli Stati Uniti, solamente il 26% dei vini italiani arriva dalla fascia premium o superpremium. Si tratta di cifre decisamente più basse rispetto al 46% dei segmenti di fascia alta della Nuova Zelanda o al 66% del premium o superpremium della Francia negli USA. Questo anche se i rossi piemontesi, negli Stati Uniti, si piazzano ai medesimi livelli dei Bordeaux francesi.

vino rosso

Anche in Cina ci sono spazi per migliorare. Con il vino sopra i 6 euro al litro siamo al 21%, superando così Spagna e Cile, ma siamo assai distanti dal 38% della Francia e dal 76% dell’Australia. Tuttavia i rossi tsocani nel segmento premium sono all’80%, contro il 78% dei vini di Bordeaux e il 71% di quelli australiani.

Andando in Germania e Regno Unito, qui l’export dei nostri vini si attesta su quelli di prezzo medio-basso: 8 bottiglie su 10 fanno parte dei segmenti basic o popular. In Canada le fasce più alte sono occupate da vini statunitensi e francesi, mentre in Giappone siamo secondi solo alla Francia.

Secondo Paolo Castelletti, segretario generale di UIV, serve un “cambio di passo sul fronte del posizionamento del brand e dell’identità del nostro vino”. E questo è possibile ottenerlo tramite un approccio meno individualistico alla promozione e un lavoro identitario basato sulle nuove tendenze, come quelle dei vini green.

Secondo Castelletti è anche importante studiare delle norme pubbliche relative alla sostenibilità in modo da avere una certificazione sostenibile per i prodotti con tanto di un logo di Stato così come accade in Nuova Zelanda.