Moma a Roma, recensione: la buona “Pizzeria Romana” del Tuscolano

Recensione di Moma, Pizzeria Romana del quartiere Tuscolano, a Roma, dal rapporto qualità-prezzo notevole e dal menu discreto. Le nostre opinioni.

Moma a Roma, recensione: la buona “Pizzeria Romana” del Tuscolano

Sono andato al Moma. Non quello di New York, ma la “pizzeria romana” del quartiere Tuscolano di Roma e questa recensione è un’incombenza, una responsabilità. Perché sarà la prima pubblicata su Dissapore dopo un lockdown che ha stravolto le abitudini di tutti, e cambiato faccia, con un colpo di spugna, alla ristorazione. Di conseguenza anche la critica cambierà: ma non sappiamo come, costruiremo i nuovi paradigmi, le nuove tolleranze, le nuove priorità mattone su mattone, visita su visita.

Ci pensavo in quarantena, a come sarebbe stato questo momento, sospeso tra la voglia di tornare a sedermi a un tavolo, di ordinare e la paura di ciò che sarebbe cambiato. Aspettavo il giorno, lo temevo.

Poi la quarantena è finita, la fase 2 arrivata. La voglia ha incontrato la possibilità, e la curiosità ha superato la paura. E quindi un Lunedì sera ho deciso di vestirmi carino, lontano dalle barbarie di tute o mutandoni dei due mesi chiusi in casa, di chiamare e prenotare in un posto segnato sulla lista; una lista normale, quella redatta in un tempo lontano e diverso.

Sono andato al Moma, dicevo, e ho dimenticato di chiedere perché abbiano scelto questo nome che ogni volta mi fa alzare un sopracciglio; ho chiamato, ho prenotato. E mentre guidavo, ancora, mi chiedevo cosa avrei trovato.

Il locale

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Ho trovato una pizzeria. Rassicurante, carina, luminosa, vagamente shabby-chic nell’arredamento ma semplice e di gusto. L’ampio dehors si struttura in un’area verandata, che si estende su una zona scoperta ricavata dal marciapiede che costeggia il locale, insolitamente spazioso.

All’ingresso, i titolari e lo staff in mascherina riservano un’accoglienza gentile. Sul banco cassa, fanno mostra di sé un cavaliere che annuncia l’igienizzazione con ozono e un’imponente boccia di sanificante per mani. Sono meno stranito di quanto avrei pensato, e realizzo che non c’è più niente di esotico in questa nuova normalità.

Schiaccio il dispenser, sfrego le palme e le falangi delle dita, mi accomodo seguendo un cameriere. Fuori fa fresco, i tavoli sono distanziati abbondantemente, e appena seduto mi chiedo se non fosse giusto riservare agli avventori questi spazi vitali già da prima…

Il servizio si rivela competente, mai invadente, caloroso e cordiale al punto giusto: umano ma educato, e senza le note folk che a volte ci si concede a Roma in barba alle regole dell’hôtellerie.

Ci si sente a proprio agio, tanto, si sta comodi e sereni. Se non fosse per le mascherine indossate da tutti, e l’inevitabile effetto Mad Max/Bane, si direbbe che il virus qui non sia mai arrivato…

Il menu e i prezzi

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Il menu, cartaceo, sembra non essersi adeguato all’evoluzione; ci penso ma mi sfugge, in quel momento, se l’obbligo di digitalizzare rientri o meno nella normativa delle riaperture.

Non essendo uomo da ansie, lo sfoglio e lo apro.

È occupato in gran parte dalle pizze (da 6,5 a 11 euro), suddivise in modo inusuale, oltre che nelle classica configurazione “bianche, rosse, focacce, calzoni” in tre sezioni accessorie, una dedicata alle variazioni di margherita, una alle pizze piccanti, una a quelle senza latticini (tra le quali figura un’opzione vegan).

Gli antipasti presenti (dai 2 agli 8 euro) sono invece divisi in “bruschette”, “fritti” e “sfizi e vizi”, categoria che include preparazioni di cucina più elaborate e sostanziose delle due precedenti.

Nel restante spazio campeggiano un maxihamburger solitario proveniente dalla vicina Bottega Liberati, proposto in un’unica versione, e una selezione piccola – anzi, issima –  di bevande, con tre spine industriali per la birra (Moretti “Baffo d’Oro” e “La Rossa”, Ichnusa; rispettivamente a 4,5 euro per 0,4L la prima, 5,5 le altre due) e vino della casa (10 euro la bottiglia, 3,5 il calice).

Questa scelta stride con il resto dell’offerta, che sembra voler strizzare l’occhio a un pubblico easy e giovane ma attento.

Ordino impavidamente, comunque, una bionda media con inevitabili ricadute di dimetilsolfuro e i piatti. Converso con la mia compagna e mi godo la quiete, la brezza, il passeggio rado della gente del quartiere e l’accurata selezione di bellissimi cani che portano a spasso.

I piatti

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Arrivano, quasi tutti insieme, gli antipasti.

Il supplì romano (3 euro), con ragù di rigaglie di pollo, è gustoso e ben eseguito. Le rigaglie sono ben presenti e identificabili, tagliate in cubi nettamente percepibili al morso e al gusto. Il sugo è umido e sapido, la mozzarella fila, la frittura asciutta e non invadente (per quanto forse qualche secondo in più di cottura abbia regalato alla polpetta di riso un decimo di tono di brunitura in eccesso).

La bruschetta con ciauscolo e stracchino (4 euro) è composta partendo da un pane non eccellente, diremmo industriale; che comunque assolve alla sua mera funzione di supporto friabile facendo risaltare a dovere i condimenti, di buona qualità nonostante il ciauscolo impiegato non si presenti spalmabile come sarebbe lecito aspettarsi, ma “da fetta”.

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Sentimenti contrastanti per la mozzarella in carrozza (6 euro) panata all’origano e servita con un letto di ricotta al basilico e pomodorini confit: se da una parte si rivela estremamente golosa e ben eseguita, dall’altra la combinazione degli elementi (il basilico, un leggero eccesso di origano, l’alta concentrazione di “pomodorosità” dei ciliegini asciugati in forno) suscita un curioso effetto patatina gusto pizza, altresì detto, per i lettori di più lunga carriera, “quel sapore di pizzetta Catarì”. Nonostante il curioso richiamo sensoriale e il rischio di saturazione delle papille, l’insieme risulta godibile, per quanto lievemente monocorde.

Impasto delle pizze davvero notevole, di grande carattere, un equilibrio che per quanto mi riguarda non ho mai trovato prima tra la scuola napoletana e quella capitolina: per quanto il locale si presenti come “pizzeria romana”, i dischi si presentano molto diversi dalle versioni scrocchiarelle sia tradizionali che di nuova concezione, e al contempo distantissime tanto dalla sofficità della classica partenopea quanto, anzi ancor di più, dai canotti di stampo casertano.

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In generale, la pasta presenta una sottilissima “crosta” esterna, fragrante e friabile, che dentro si apre su un’elasticità carica di vapore, leggera e digeribile, notevole.

La “Pancia del diavolo” (9,5 euro), iscritta tra le “Piccanti”, è costituita da un doppio disco d’impasto chiuso a mo’ di focaccia ripiena, e farcita con mozzarella di bufala, salsiccia piccante, peperoncino fresco.

Un morso basta per essere contenti di aver scelto questa pizza, che per configurazione e condimenti esalta al meglio le caratteristiche dell’impasto: questo si rivela sottilissimo, libero di esprimere le caratteristiche meccaniche cui accennavo sopra, oltre che amabilmente “panoso” ed espressivo in termini di gusto, rilasciando note di cereale fresco.

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Meno bene, per quanto comunque molto buona, la Napoli (7,5 euro); penalizzata dalla scelta di alici del Cantabrico “prima barra” di per sé eccellenti, ma forse troppo decise nelle loro iodature quasi portuali tanto per la semplice base di pomodoro e fiordilatte, quanto per il sapore dell’impasto, che stavolta, purtroppo, stenta ad emergere.

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Proseguiamo con una “Crostatina Moma”, base di tartelletta di lingua di gatto con crema pasticcera e fragole. Base biscotto ottima, crema penalizzata da un eccesso di aroma vaniglia, fragole nella media: nel complesso da prendere con la spensieratezza di una coccola estiva.

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Si conclude con un ottimo amaro Jefferson.

In definitiva

Buona pizzeria di quartiere, dall’ambiente rilassato e rilassante e dal servizio piacevolmente “composto”. Le misure di distanziamento sono applicate in maniera si potrebbe dire “naturale”, senza forzature di sorta, anche grazie alla presenza degli ampi spazi esterni. Gastronomicamente, può far leva su un impasto ottimo e di grande carattere individuale: buoni i topping e le soluzioni creative sulle pizze, che si muovono principalmente nell’ambito delle variazioni su temi classici; con qualche invenzione notevole. Antipasti nella media con sporadici guizzi, talvolta in alto, talvolta no. Rapporto qualità/prezzo decisamente positivo.

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Informazioni

Moma Pizzeria Romana

Indirizzo: Via Calpurnio Fiamma 40-44

Sito web: www.momapizzeriaromana.it

Orari di apertura: tutti i giorni dalle 19.45 alle 23

Tipo di cucina: Pizza “sui generis”

Ambiente: confortevole e rilassato

Servizio: cordiale ed educato

Voto: 3,5/5