Il punto che Jonathan Nossiter non ha chiarito su GQ: il vino al ristorante costa troppo?

Shhhh, sentite che silenzio? E’ la quiete dopo la tempesta, e io la balla di fieno che rotola sullo sfondo. Nel tentativo di raccogliere la miriade di pensieri scatenata dal post su Jonathan Nossiter, il regista di Mondovino, e di capire se nei 195 commenti si è affacciata, oltre a insulti, minacce e querele anche qualche idea. Gli argomenti principali sono due: le carte dei vini con ricarichi eccessivi nei ristoranti (tema dell’intervento di Nossiter sulla rivista GQ di gennaio) e l’assenza quasi totale dei vini cosiddetti naturali* nelle suddette carte, spesso poco interessanti e costruite sulla base di considerazioni puramente commerciali. Poi qualche accettata un po’ scomposta a destra e a manca che Nossiter si è guardato bene dal risparmiare, in particolare alla gigazienda di vino Casale del Giglio e ad alcuni ristoranti romani.

Sui ricarichi del vino nei ristoranti.
Sabato scorso su Radio24, il Gastronauta Davide Paolini ha dedicato la puntata al caso Nossiter con molti ospiti autorevoli, il giornalista Daniele Cernilli, Raffaele Alajmo del ristorante Le Calandre, lo stesso Nossiter.
Da una parte, il regista americano accusa i ristoratori, non tuttti, di ricaricare troppo il costo di alcune bottiglie. L’immagine romantica del contadino che lavora la vigna nel rispetto dell’ambiente come espressione reale di un territorio si contrappone a quella del ristoratore che privo della stessa etica, ricarica eccessivamente lucrando sulle fatiche e i sacrifici del vignaiolo.

Per voce di Alajmo, i ristoratori rispondono che il ricarico sul vino non è una questione di lucro, ma contribuisce a pagare stipendi, forniture, bollette, tasse di giacenza della cantina (specie se importante) e via così. Due posizioni, del resto, ampiamente espresse nei commenti al nostro post. Romanticismo contro pragmatismo: una sfida senza via d’uscita.

Ma è solo questo il punto? Ossia, possiamo comunque affermare che nessun ristoratore aumenta il prezzo del  vino in modo eccessivo? Si preoccupano tutti di rispettare il costo oroginale, operando solo il ricarico necessario per campare? Non ne sono convinta, e voi? Per non dire che molti vini (anche naturali*) passano prima attraverso un distributore, che a sua volta deve guadagnare. Inoltre, un cliente appassionato ma poco esperto (tipo me) non conosce il costo originale di una bottiglia, per cui, il ricarico onesto va a vantaggio di chi produce, ma sopratutto del cliente.

Non ci sono vini naturali* nella maggioranza delle carte

Nella già citata trasmissione di Radio 24, qualcuno ha spiegato come per molti anni le cantine dei grandi ristoranti hanno dovuto inserire certe bottiglie (sempre le stesse) per essere considerate importanti. Ancora oggi scontiamo l’eredità di questa omologazione e la soluzione auspicata è una liberalizzazione delle carte dei vini. Vale a dire, un nuovo atteggiamento da parte di chi seleziona il vino per i ristoranti, con uno sguardo attento, per esempio, a piccoli produttori, realtà meno conosciute e vini naturali*. E’ la soluzione che stiamo cercando? Ditemelo voi.

Quello che mi sembra di capire, è che la figura del sommelier o del selezionare appassionato sia necessaria, perché sono in aumento i clienti che valutano un locale anche per il vino, sia i grandi ristoranti che le osterie.

*Vini naturali
Visto che ne stiamo parlando, vorrei spendere due parole sui vini cosiddetti naturali, ricordando che Intravino è il nostro sito sul vino, che questo è Dissapore, e che io non capisco nulla di vino. Non esiste un disciplinare che regola la produzione e naturale è un termine usato dalla cerchia degli intenditori per indicare un tipo di lavoro in vigna e in cantina, il più lontano possibile dai prodotti chimici. Il vino considerato come alimento: vitale, autentico e meno aggressivo per l’organismo.

Gli adepti alla causa dei vini naturali ne fanno un discorso etico con derive filosofiche. “Gli Altri”, i bevitori del vino buono, a prescindere dal fatto che sia naturale, biologico, biodinamico, osmotico, omeopatico, simpatico o antipatico, pensano che questi vini siano una moda o peggio, un’operazione squisitamente commerciale.

Oggi, qualche ristorante annovera etichette di vini naturali nella sua carta, senza segnalarne la presenza, se non a voce. La lista del nuovo e supermodaiolo Caffè Propaganda di Roma, come forse altri, ha invece una sezione in bella vista nel menù, dove campeggia il titolo: Vini Naturali.

Considerazioni finali
Finora, nei commenti seguiti al nostro post non si vedono molti punti d’incontro, perché a scontrarsi sono due posizioni profondamente diverse. L’idea romantica del vino contro una visione più pragmatica. Da persona incline al romanticismo, mi auguro di trovare sempre più carte fatte da sommelier che hanno il coraggio di raccontare realtà piccole e particolari, che non ricaricano sui vini oltre il necessario e che mi facciano conoscere qualcosa di nuovo. Sbaglio?

[Crediti | Link: Intravino, Caffè Propaganda. Immagine: iStockphoto]