La discesa in campo: come siamo cambiati in 18 anni di Silvio Berlusconi

Mercoledì 26 gennaio 1994, ore 17.30. Quello che finora era stato semplicemente un imprenditore di sfolgorante successo, che si era tolto grandi soddisfazioni nel calcio, amico di Craxi e massone annuncia la discesa in campo, magro e circondato da una luce da tramonto del Midwest. L’Italia non sarebbe più stata la stessa.

La caduta del Muro di Berlino era avvenuta solo da pochi anni, e assieme al trattato di Maastricht, entrato in vigore da non molto, contribuiva a creare un certo ottimismo sul piano internazionale. Ottimismo cauto, visto che la lira era fuori dallo SME per via degli attacchi speculativi di Soros, e l’infausto mercoledì nero del 1992 cui fece seguito il famoso prelievo del 6 per mille del Governo Amato era storia di ieri. L’estate passata era quella dei suicidi e del processo Enimont, in piena Tangentopoli. Tutti avevano ben presente l’immagine di Paolo Brosio davanti al Palazzo di Giustizia di Milano. Di Pietro era un eroe nazionale.

Noi ragazzi ci pettinavamo come quelli di Beverly Hills, e l’altra metà del cielo si ispirava a Non è la Rai. Oggi i miei capelli iniziano a pagare dazio per tutto quel gel. Le scarpe erano le Nike Air Max, andavano bene anche le Reebok Pump. Al polso era d’ordinanza lo Scuba. Si indossavano magliette di squadre di calcio, possibilmente estere, mentre Marino Bartoletti dirigeva il Guerin Sportivo, nostra principale lettura a parte i fumetti – Lupo Alberto, Martin Mystère, Nathan Never e qualche manga possibilmente pruriginoso. L’eroina era ormai la droga degli emarginati, la cocaina era ancora roba da ricchi.

La serie A di calcio era all’anno zero dell’era televisiva, con il posticipo su Tele+2. Fu un campionato noiosissimo, vinto a mani basse dal Milan di Capello che avrebbe poi strapazzato 4-0 il Barça di Crujiff nella finale di Coppa dei Campioni ad Atene. L’Inter, che aveva speso cifre folli per Bergkamp e Jonk, si salvò per un punto consolandosi con la vittoria della coppa UEFA. E poi vabbè, ci sarebbero stati i mondiali di calcio americani. A proposito di America, l’NBA era seguitissima, quell’anno MJ si era ritirato (come nel wrestling, ai tempi seguitissimo, si era ritirato Hulk Hogan) e gli Houston Rockets vinsero il primo titolo della loro storia, trascinati da Hakeem Olajuwon. Di lì a poco ci sarebbero state le olimpiadi invernali a Lillehammer, un successo clamoroso per la spedizione azzurra, soprattutto per il fondo, con le cinque medaglie di Manuela di Centa e lo straordinario successo della staffetta maschile 4×10, di cui ricordiamo bene il finale: uno strepitoso Silvio Fauner che brucia per quattro decimi di secondo il fuoriclasse Bjorn Daehlie, ammutolendo una folla di centomila norvegesi.

Nel cinema fu una stagione d’oro per Spielberg, che inanellò il clamoroso successo di pubblico di Jurassic Park e subito dopo quello di critica di Schindler’s List, mentre con Philadelphia sbocciava tardivamente la stella di Tom Hanks. Nei videogiochi proseguiva l’onda lunga di Street Fighter II, e il Super Nintendo era la console egemone. Avevo un amico ricco con il Neo Geo. In musica, era uscito da poco In Utero dei Nirvana, acclamato disco rock dell’anno davanti a Siamese Dream degli Smashing Pumpkins e Vs dei Pearl Jam; i Blur erano quelli di Modern Life is Rubbish, gli Oasis non avevano ancora inciso nulla. Gli R.E.M. erano forse nella fase migliore della loro carriera, dopo Automatic for the People e prima di Monster. In Italia, spadroneggiavano gli 883, ma erano i Litfiba di Terremoto a mettere d’accordo pubblico e critica, mentre quest’ultima si accorgeva dei debuttanti Massimo Volume.

Vabbè, e il cibo? Ero adolescente, prima di trovare il gastrofanatismo avrei dovuto perdere l’innocenza. Ma ricordo bene che forse per la prima volta nella storia d’Italia il consumo di carne iniziò a slegarsi dal benessere, e il nuovo miracolo italiano era il pesce per tutti. Dove il “pesce” era spesso e volentieri polpa di granchio o surimi o altre schifezze.

Erano anni in cui se ti chiamavano al telefono la sera non rispondevi “pronto”, ma “Europa Europa”, e tutti ci sentivamo più internazionali. Fu l’esplosione del mangiare etnico in tutte le declinazioni, specie quelle mediterranee, trionfavano perciò cuscus e hummus. Cinese e messicano andavano forte, sia nei ristoranti che nei preparati -col senno di poi piuttosto inquietanti- che spopolavano nei supermercati. I ristoranti giapponesi erano pochi, gli indiani si sarebbero moltiplicati più avanti e gli eritrei erano ben stabiliti ma mai veramente di moda.

Una vera rivoluzione nelle cucine era iniziata con il Miniprimer, il frullatore a immersione che affrancava la casalinga del futuro da una serie di inutili aggeggi elettronici. L’apertura verso il mondo aveva portato le prime wok, le padelle concave cinesi, all’epoca usate solo da chi preparava cenette orientali e oggi adattata alla nostra cucina mediterranea.

E l’alta cucina? Il Trigabolo era appena fallito, e Gualtiero Marchesi aveva chiuso a Milano per trasferire la sua cucina in Franciacorta. Le tre stelle le aveva anche il grande Ezio Santin, all’Antica Osteria del Ponte di Lugagnano, ed erano appena arrivate a Firenze, per la gioia dell’Enoteca Pinchiorri e degli enostrippati suoi aficionados.

Enostrippati che potevano godere dei grandi toscani del 1988, dei grandi piemontesi del 1989 e dei grandi 1990 un po’ ovunque; per i vini immessi prima sul mercato, e poi per gli altri, sarebbero poi arrivati anni di magra, e le vendemmie già completate lo evidenziavano in modo inequivocabile. Le annate 1991, 1992 e 1993 furono fredde e scarse un po’ ovunque, con rare eccezioni; è opinione piuttosto condivisa che la colpa sia da attribuire alla spaventosa eruzione del monte Pinatubo nelle Filippine, avvenuta a giugno 1991, che rilasciò nell’atmosfera una tale quantità di cenere da diminuire non solo la temperatura dell’intero globo, ma soprattutto l’insolazione, ancora più decisiva per la maturazione dell’uva. In Italia la birra artigianale praticamente non esisteva, e l’homebrewing era reato. Il Cosmopolitan, geniale invenzione del bartender Toby Cecchini, newyorkese di origini italiane, spopolava anche grazie alla complicità di Madonna, che in un’intervista si dichiarò grande fan di questo drink.

E voi, come lo ricordate il vostro 1994? Cosa cucinavate, dove mangiavate, e da bere? Scendete in campo nei commenti, ma per favore facendo meno danni di chi in campo c’è sceso diciotto anni fa.

[Crediti | Immagine: Repubblica.it]