Pane e bugie. Poco il pane

Inizio con una critica, anzi due. La prima è rivolta a me stesso, che ho attaccato Dario Bressanini con foga esagerata. Un modo che non ha aiutato a capire la verità. Allora abbassiamo i toni e vediamo di capirci qualcosa in più. Nel suo libro, Bressanini ha attaccato il mondo dell’agricoltura biologica. Ciò che mi fa rabbia è che la pugnalata sia arrivata a freddo, portando a sostegno della sua tesi (il cibo biologico non nutre più del convenzionale) una ricerca discussa e per molti versi lacunosa. Che l’attacco al mondo del biologico abbia trovato sostenitori anche tra i commentatori di Dissapore, mi ha poi mandato su tutte le furie. C’è qualcosa che non va, mi sono detto. Ci sdilinquiamo davanti alle uova di Paolo Parisi e facciamo follie per il riso Acquerello, poi accogliamo il libro di Bressanini come fossero le tavole della legge? A vederla bene, la politics di Dario è quanto di più lontano dalla filosofia di un normale gastrofanatico in quanto tale, ma vabbeh, è stato sdoganato tra i foodies un fautore delle colture intensive nonchè tifoso dell’agroindustria. Questa, se non si è capito, è la critica faccio io ai lettori di Dissapore: dov’è finito lo spirito critico dei nostri occhiuti gastrofanatici, pronti a sbranarsi per una mozzarella di bufala? Perchè tanta incondizionata fiducia? Torniamo allora al libro di Bressanini.

Il biologico non nutre di più
È il capitolo del libro “Pane e bugie” che Bressanini ha pubblicato sul suo blog. In poche pagine demolisce l’agricoltura biologica, usando come piccone una ricerca della Food Standard Agency, l’ente che sovrintende alla sicurezza alimentare in Inghilterra. La ricerca, uscita l’anno scorso, è in realtà una peer review, ovvero la selezione delle ricerche più significative pubblicate nel tempo su un certo argomento, selezionate secondo criteri prestabiliti. Nel merito quella inglese, voleva stabilire se gli alimenti biologici fossero più o meno nutrienti di quelli convenzionali.

Le conclusioni
Degli oltre cinquantamila articoli apparsi tra il 1958 e il 2008, la FSA ne ha ritenuto meritevoli di attenzione solo 55. Analizzando questi documenti la FSA ha concluso che: “il biologico non è più nutriente del cibo convenzionale”. Mica è un’accusa da poco, considerando che aggredisce uno dei due motivi per cui i consumatori comprano il biologico, ovvero “il cibo bio è più buono oltrechè più sano”. Immediatamente, in tutto il mondo esplodono le polemiche e l’ente inglese, accusato di aver manipolato i dati, è costretto ad una serie di precisazioni. Manca tra gli articoli presi in considerazione, una monumentale ricerca commissionata dall’Unione Europea a 34 fra istituti di ricerca e università di tutta Europa, il progetto Qlif.

Il progetto Quality Low Impact Food (Qlif)
Costato 18 milioni di euro e durato 5 anni, il progetto Qlif, tra le altre finalità, doveva rispondere alla domanda: “il cibo biologico nutre più del convenzionale?”. La risposta è stata si, e la differenza è notevole: il 40% in più per i vegetali e addirittura il 90% nel latte. Il cibo bio, inoltre,  presenta più alti livelli di vitamine, proteine nobili e minerali come ferro e zinco. Particolare importante: la ricerca ha indagato tutti i cibi biologici possibili per cinque anni, facendolo “sui campi” di tutta Europa, non ha solo revisionato dei testi accademici. Chi ha partecipato alla ricerca? Ben 15 università (Bonn, Basilea, Kassel, Varsavia, Helsinki) tra le quali l’Alma Mater di Bologna e il Politecnico delle Marche (qui l’elenco completo). A queste si sono affiancati Istituti di ricerca pubblici e aziende private tra le quali l’Italiana Granarolo.

Perchè il Qlif non è stato preso in considerazione?
Ufficialmente i risultati del progetto Qlif non sono state incluse nella ricerca della FSA per questioni di scadenza dei termini. Il rapporto FSA è uscito qualche mese prima, ma già molti risultati erano pubblici. Perchè allora questa plateale esclusione? Alcuni giornali e blog hanno insinuato che la FSA sia troppo sbilanciata a favore delle grandi catene di distribuzione alimentare, un’accusa non del tutto campata in aria. Il direttore della FSA, è stato in passato nel consiglio di amministrazione di importanti aziende alimentari, non è la prima volta che le conclusioni dell’ente inglese sembrano sbilanciate in favore di questa o quella grande industria. Dopo le polemiche, grazie  alla legge sulla libertà  di informazione degli atti pubblici, la FSA è stata costretta a pubblicare tutte le mail e i documenti che riguardavano la ricerca, tra questi il “suggerimento” del direttore ai suoi collaboratori, affinchè fossero “ammorbiditi” i toni contro il biologico.

Si può “truccare” una peer review?
Nel caso in questione è stato abbastanza facile. Il fattore tempo è fondamentale e vi prego di seguire con attenzione un punto che credo cruciale. La ricerca parte dal 1958 e finisce nel 2008. Nel 1958 le colture intensive non avevano ancora impoverito i terreni e, i polli in batteria così come li conosciamo, erano di là da venire. Insomma, era agricoltura a basso impatto ambientale che permetteva alla frutta di avere ancora un sapore. Contemporaneamente l’agricoltura biologica emetteva i suoi primi vagiti e gli studi erano quasi nulli. Col passare del tempo, la differenza tra i nutrienti nel cibo bio e quelli del cibo convenzionale sono aumentate, fino a raggiungere i livelli attuali. Ma se uno considera solo gli studi più vecchi eliminando quelli più recenti, il gioco è fatto: tra alimentazione bio e convenzionale non ci sono più differenze. Questo io lo chiamo “truccare le carte”.

Bressanini fa spallucce
Tutto il mondo ha contestato i risultati della ricerca FSA, tranne Bressanini che, a distanza di alcuni mesi, a polemiche sopite, l’ha riesumata nel suo libro, usandola come cavallo di Troia contro l’agricoltura biologica. Ecco le conclusioni di Bressanini.

“C’è chi l’ha buttata sull’economico: «Il comparto bio è in forte crescita. In questo modo lo si danneggia». Forse, e allora? Da quando in qua la correttezza scientifica si basa sui dati di vendita? Se cerchi di convincere il consumatore a comperare i tuoi prodotti basandoti su messaggi scientificamente non dimostrati ti devi aspettare che prima o poi qualcuno ne verifichi la veridicità. Anche il mercato degli oroscopi e quello dell’omeopatia sono in forte crescita. Forse che uno scienziato non dovrebbe dire nulla che possa danneggiare un settore? Perché non ribaltiamo la prospettiva e diciamo invece che, se si fa credere al consumatore che ci sono dei benefici, ma questi non sono affatto dimostrati dalla ricerca scientifica, si danneggia il consumatore?”

Capito? Qui si paragona l’agricoltura biologica al mercato degli oroscopi! Ma si può? Evidentemente le ricerche di 14 università europeesono carta straccia per Bressanini. Meglio una peer review.

Questa volta, al netto dell’incazzatura, credo di avervi dato le informazioni che servono per formarvi un’opinione. C’è un libro appena uscito scritto da un professore universitario. Un libro dove si dice a chiare lettere che, vista una ricerca dell’FSA, il cibo bio non è più buono e nutriente di quello convenzionale. Esistono le polemiche e 34 università e istituzioni pubbliche che smentiscono platealmente le conclusioni della FSA. Il libro si intitola “Pane e bugie”, il suo autore è Dario Bressanini e da lui, a questo punto, mi aspetterei un chiarimento.