Da oggi in edicola, Style, il mensile del Corriere della Sera, ha una lunga intervista a René Redzepi, lo chef più definitivo del pianeta secondo la World’s 50 Best di San Pellegrino, e guru del nuovo vangelo culinario globale.
Dimenticate la chimica e le molecole, oggi per diventare numeri uno (con il Noma, un piccolo risto a Copenhagen, in Danimarca) servono “poca carne, germogli, bacche e alghe”. Redzepi racconta (non online) la vocazione vegetale più che vegetariana, la mania del meteo per salvaguardare le erbe aromatiche dal freddo, le prenotazioni cresciute del 2000% da quando ha vinto il San Pellegrino Award, gli ingredienti a kilometri zero (non proprio zero, diciamo 100), il nuovo ruolo degli chef che “influenzano l’economia dei luoghi dove lavorano”.
Però, sveglio, ascetico e imprenditore René Redzepi.
Buffo notare come il precursore di questo patto con la natura, con le stagioni, con una cucina eco e sostenibile, viva e lavori da molti anni in Italia. Si tratta di Pietro Leemann, che al netto delle esagerazioni “zen buddista”, conduce con successo il ristorante vegetariano Joia, a Milano, stella della Guida Michelin dal 1996. Ieri sera Leemann era a Firenze, chef ospite del Frescobaldi Wine Bar & Restaurant. Insieme Leonardo Romanelli di Chef per un giorno, il programma di LA7, lo abbiamo incontrato chiedendogli in particolare cosa pensa del successo di René Redzepi.