Tesoro, mi si è ristretto il cenone (di Capodanno)

Tesoro, mi si è ristretto il cenone (di Capodanno)

Paolo Massobrio, il vostro classico digiunatore (come da foto)Sapete cosa? Leggere l’enocattogourmet Paolo Massobrio che mortifica il cenone di Capodanno sulle pagine de La Stampa e ripescare da chissà quale angolo del cervello il vecchio motto: “predica bene e razzola male”, è stata una cosa sola. “Non siamo nel dopoguerra, non c’è fame da dimenticare, per cui limitatevi a un piatto di sostanza e qualche assaggino“. Vero, l’appello massobrico non è svalvolato del tutto. Difatti è approdato placido sulla rive-gauche della gastronomia italiana, sostenuto dal duo Burdese-Vizzari (presidente Slow Food e direttore guide L’Espresso) che ha aggiunto di suo gli inevitabili chilometri zero e il rispetto per la stagionalità degli ingredienti. Un cetriolo a dicembre, guai!

Tutto buono pulito e giusto ma, dico io, dobbiamo digiunare addirittura a Capodanno? E lo dicono proprio lorsignori? Non so se avete realizzato, ma parliamo di persone che passano da un ristorante di lusso a una grotta con prosciutti penzolanti come stalattiti ogni giorno che Dio manda in terra. Sbafano e culatellano per 364 giorni e adesso che devo mettermi a tavola io dichiarano aperta la Quaresima? Non se ne parla nemmeno. Se il morigerato Paolo Massobrio vuole stare un giorno a digiuno si accomodi, ma sappia che da queste parti il cenone di Capodanno è intoccabile. Con tutta la fatica che abbiamo fatto per riassumerli.

Perché volete toglierci una delle poche occasioni legalizzate per scofanare cotechini succosi, salumi introvabili e formaggi rarissimi? Non sia mai, questa è roba che dopo il 1° gennaio fa puf! e sparisce dai banconi delle gastronomie. E vogliamo parlare di Sua Maestà il Capitone? Il Capitone qui al sud è come Mourinho, caro Burdese: non si discute, si ama. Anche lui come il divo del pallone si concede di rado (a Capodanno) e se non ne afferri un pezzo alla svelta lo rivedi dopo un anno. No caro il mio Massobrio, io non ci sto. Voglio dieci, venti o trenta portate e con tutto  il ben di Dio che riuscirò a mangiare. La fame è un ricordo ancora troppo vivo e il sazio, si sa, non crede al digiuno. Per la Quaresima ci si rivede a Pasqua.