Va bene, chef iz the niu rockstar, ma vi siete chiesti perchè?

E’ ormai da qualche tempo che provo a ragionare sull’annosa questione “fama dei cuochi”. Sono le nuove rockstar, mi dicono, un tempo cupe creature mitologiche nascoste nei sotterranei di famosi ristoranti e oggi mattatori di programmi televisivi, autori di libri, re e regine di salotti reali o virtuali. Hanno le groupies, le fanpage di facebook, qualche stalker e una serie di perfetti sconosciuti che vogliono chiamarli per nome, tipo: “Ieri ero da Gennarino, ho prenotato da Anthony, hai visto il nuovo menù di Niko?”, e via discorrendo.

L’ultima occasione per vederne un bel numero lavorare insieme si è verificata il 30 maggio scorso all’evento Sognatori del Gusto, voluto da San Pellegrino e realizzato in collaborazione con Identità Golose all’Open Colonna di Roma. In breve, cinque giovani talenti: Valerio Centofanti (l’Angolo d’Abruzzo a Carsoli), Pietro D’Agostino (La Capinera a Taormina), Nicola Fossaceca (Al Metro di San Salvo), Enrico Pierri (il Sanlorenzo a Roma), Michele Rotondo (Masseria Petrino a Palangianello), insieme ai padroni di casa, chef Antonello Colonna e il suo staff guidato da Marco Martini, più Franco Pepe dell’omonima pizzeria di Caiazzo e il maestro Giuseppe Daddio (Scuola di cucina Dolce&Salato) hanno show-cucinato per centinaia di persone sotto la direzione attenta del giornalista Paolo Marchi. Spiando tra sala e cucina ho provato a capire perché i cuochi piacciono così tanto:

SONO GENEROSI. Nonostante un pizzico di competizione che, per carità, non deve mai mancare, quando lavorano insieme cuochi e cuoche si aiutano l’un l’altro. Una rarità di questi tempi. Sono abituati al gioco di squadra e ognuno fa la sua parte, dal primo chef al lavapiatti. Qualcuno ogni tanto si esibisce in scenate isteriche tipo lo chef britannico Gordon Ramsay, ma visto il successo di Hell’s Kitchen, il suo famoso show per la Tv, questo tratto del carattere non sembra disturbare i fan, anzi.

SONO AGILI. Anche quando la densità dei cucinieri per metro quadrato è elevatissima, la loro sembra una danza di nuotatrici del sincronizzato, una prova di abilità e velocità al limite del possibile con tanto di fuochi, coltelli e padelle bollenti: Fast and Furious, XXX e i Momix messi insieme, per intenderci.

SONO CORAGGIOSI. Non tutti sanno accettare le critiche, bisogna dirlo, ma di certo tutti si espongono al giudizio, al confronto diretto e alle possibili stroncature, continuamente. Inoltre superano la stanchezza, la pressione, il caldo, gli infortuni, sera dopo sera, servizio dopo servizio.

SONO CREATIVI. Riescono a trasformare le materie prime in splendide combinazioni di sapore, come la Ricciola in acqua di pomodoro, scapece di ortaggi secchi e erbe fresche di Michele Rotondo, la Cherry Cake di Nicola Fossaceca o la Parmigiana di melanzana e alici di Ponza con essenze di olive itrane di Enrico Pierri. Molti cuochi sono oggi considerati veri e propri artisti al pari di poeti, pittori e musicisti e per questo sono seguiti, desiderati, invidiati.

SONO APPASSIONATI, PER NON DIRE FISSATI. Nonostante tutte quelle ore incastrati in cucina e la rinuncia costante a gran parte della vita sociale, gli occhi dei cuochi si accendono ogni volta che si parla di piatti, di ingredienti, di nuove tecniche ed è un bel privilegio poter vivere della propria passione.

SONO STRANI. Hanno un carattere particolare perché forgiato da anni di gavette spesso terribili e lunghi periodi lontano da casa. Possiedono notevoli capacità di sopportazione e adattamento, estrema determinazione e si manifestano a volte con esuberanza, altre con timidezza, comunque in un modo che sembra affascinare.

Più o meno è questo che mi è sembrato di cogliere ma ora mi chiedo: coraggio, determinazione, abilità, creatività, talento e passione possono bastare per giustificare il crescente successo di tutta la categoria dei cucinieri? Forse sì. Smentitemi se è il caso.