Carnevale è il periodo delle chiacchiere, ma non sentitevi geo-esclusi, frappe, galani, bugie e tutti gli altri nomi attribuiti ai famosi pezzetti di pasta fritta ricoperti di zucchero, vanno bene comunque.
Semplici da fare in casa? Sì, almeno in teoria, ma ne parleremo.
Tanti i nomi ma a parte piccole varianti, le ricette sono analoghe. Come sempre nel magico mondo della cucina tradizionale ogni condominio è detentore dell’unica ricetta originale, chi sono in fondo io per smentirlo?
Comunque, si parte da un impasto di farina, burro, uova, zucchero e una goccia di liquore per formare un impasto che, dopo adeguato riposo, viene steso sottile, tagliato in varie forme e fritto, al massimo cotto nel forno.
Eccovi 5 errori da evitare per non cedere al lato oscuro del Carnevale.
1) Sottovalutare la scelta della farina

Come sappiamo le farine non sono tutte uguali. Possiamo suddividerle in base al grano: tenero, duro, di segale; nel caso del grano tenero poi in tipo “00”, “0”, “1” e cosi via, in base alla purezza.
In questo caso invece parliamo di forza, ovvero la capacità della farina di assorbire liquidi e trattenere anidride carbonica. Più una farina è forte e meglio resiste alle lunghe lavorazioni; per contro, una farina debole si adatta bene a prodotti da forno meno complessi.
Detto questo e al contrario di quel che si pensa, la farina più adatta alle nostre chiacchiere è una farina forte, proprio perché la sua resistenza permette all’impasto di gonfiarsi durante la cottura senza rompersi, e senza assorbire l’olio, garantendo un fritto leggero e croccante.
2) Aggiungere lievito

Lo so che con il lievito è facile gonfiare (quasi) tutto, e tuttavia, perché aggiungere ingredienti a una ricetta che nasce semplice e minimalista?
Il lievito, oltretutto, richiede tempi di riposo e di cottura prolungati, con inevitabile maggiore assorbimento dell’olio; ci darebbe un prodotto alveolato, meno friabile e decisamente più pesante. Non serve, lasciate perdere.
3) Non considerare la parte alcolica

Questa è la parte in cui di solito differiscono le varie ricette regionali. A Venezia preferiscono il vino bianco mentre nel resto del Veneto e in Friuli la grappa spadroneggia. A Bologna prevale l’anice, in Toscana il vin santo, al sud il limoncello, nel mantovano il marsala e nel vercellese il rum… Le varianti sono tante quante le province.
Tuttavia quasi tutte sono accomunate nell’impiego di una parte alcolica, che oltre a dare un aroma riconoscibile rende il fritto più colorito e soprattutto permette una lievitazione istantanea grazie ai vapori sprigionati.
Ricordiamo che nell’alcool l’evaporazione avviene a 45°C.
4) Sbagliare l’olio

Fondamentale per la riuscita del piatto è la scelta dell’olio di cottura. Oltre a qualità, provenienza e spremitura, uno dei parametri da valutare quando si parla di frittura è il punto di fumo.
Ne avrete di sicuro sentito parlare, il punto di fumo è la temperatura oltre la quale l’olio rilascia sostanze volatili tossiche quali acroleina, acrilammide e altre potenzialmente cancerogene.
Purtroppo, determinare con precisione il punto di fumo in base al tipo d’olio è complicato, poiché questo dipende da molti fattori e da valori solitamente assenti dalle etichette, come acidità, livello di raffinazione e quantità di acidi grassi liberi.
Risultati di laboratorio alla mano, restando su oli di qualità, il più adatto alle fritture è quello di arachide con un punto di fumo che si attesta sui 210°C. circa, e un sapore neutro e dunque non invadente. Importante tanto quanto la qualità dell’olio è la temperatura di frittura.
Munitevi di termometro a sonda (sì, è necessario) e portate l’olio a una temperatura di 170°C. Questo permetterà agli zuccheri superficiali di caramellizzare, formando così uno scudo protettivo contro l’assorbimento dell’olio che lascia le chiacchiere croccanti fuori e asciutte all’interno.
5) Non provare le mille varianti

Senza cadere nella blasfemia dei formaggi spalmabili impiegati al posto del burro, la tradizione presenta molte varianti degne di nota.
Dalla scelta dello zucchero –semolato o vanigliato– con cui guarnire il dolce, alla versione ripiena con marmellata di arance, albicocche o di crema al cioccolato, passando per scorze di agrumi grattugiati e creme da versare sopra. Non ci sono limiti alla golosità carnevalesca.
Se siete attenti alla linea potete optare per la cottura al forno e rimpiazzare parte dello zucchero di copertura con un pizzico di cannella.
Come spesso accade, da pochi e semplici ingredienti nascono ricette che sopravvivono secoli e, versatili come sono, riescono a restare attuali. Ora sta a voi raccontarci quali sono le versioni delle chiacchiere di Carnevale che preferite.