Pani dolci italiani: ricetta per fare in casa il Pan di sorc

Ricetta per fare in casa il Pan de sorc, pane dolce tipico di Gemona del Friuli, recuperato da Etelca Ridolfo e diventato in breve Presidio Slow Food

Pani dolci italiani: ricetta per fare in casa il Pan di sorc

faCi sono associazioni di idee impossibili da sradicare. Per esempio se dico Gemona del Friuli uno pensa subito al terremoto del 1976. Bisognerebbe pensare invece al pan di sorc (di mais), un pane dolce e speziato che Etelca Ridolfo e l’Ecomuseo delle acque (museo per il recupero delle tradizioni locali) hanno recuperato dieci anni orsono producendo e macinando mais antichi e biologici.

Neanche il tempo di presentarlo che da Slow Food è arrivato un messo alato con il sigillo del Presidio di cui Etelca è la responsabile.

Il pan di sorc era il pan dolce delle feste natalizie a casa dei contadini. La caratteristica fondamentale dell’impasto è il taglio della farina di frumento con quelle, più economiche, di segale e di mais.

Il mais è il “cinquantino” un tipo di mais che cresce in 50 giorni e che permetteva un secondo raccolto [breve spiega per chi non vive nei campi: il mais viene seminato a marzo/aprile e raccolto a settembre/ottobre, questo si semina a settembre e si raccoglie a ottobre].

Sembrava destinato al consumo animale, ma le pannocchie migliori venivano selezionate e tenute da parte per farne farina.

A oggi nel gemonese tre contadini coltivano questo mais: Floriano Mazzolini, che fa agricoltura biologica oltre che possedere un mulino a pietra, Fernanda Facchin e Alessandro Contessi, oltre a un piccolissimo appezzamento dove l’Ecomuseo coltiva il suo stesso mais e dove impiega alcuni ragazzi del centro di salute mentale di Gemona.

Nel 2014 sono stati prodotti 10 quintali di pan sorc venduto in due soli forni: il Forno Arcano a Rive d’Arcano e il Forno Soncin a Osoppo, oltre che nel negozio di prodotti tipici Il Cjanton in centro a Gemona.

Recuperare la ricetta è stata un’operazione da manuale, che supererebbe la revisione del filologo più accanito.

Le ricette manoscritte delle bisnonne hanno imposto la traduzione in grammi di misure tipo “1 cit” (1 bricco), “1 sedon” (1 cucchiaio).

L’opera di traduzione ha impegnato il fornaio più anziano della zona, Domenico, che ha provveduto a mettere a punto la ricetta aggiungendo un po’ di esperienza personale, per renderlo un prodotto commerciabile.

Domenico Calligaro
INGREDIENTI RICETTA DEL FORNAIO DOMENICO CALLIGARO

100 g di acqua,
100 g di lievito madre (o 25 g di lievito di birra),
50 g di zucchero,
50 g di farina di segale,
100 g di farina di cinquantino macinata fina,
200 g di farina di frumento tenero,
50 g di fichi secchi o uvetta sultanina,
a piacere un pizzico di cannella
alcuni semi di finocchio selvatico

Ho imparato il procedimento dalle mani di Etelca in un pomeriggio autunnale mentre mangiavamo torta di mele appena sfornata e sorseggiavamo un caffè caldo (dico per farvi invida, eh).

DSC_0208

Per prima cosa si mescolano la farina di segale e di frumento e si aggiunge il lievito madre e l’acqua. Meglio se per fare l’impasto si usano le mani nude, non prendetemi per una talebana ma sfido a trovare una bisnonna che si fidi di una planetaria.

A questo punto si lascia riposare in un angolino al riparo dalle correnti d’aria, coperto da un canovaccio per almeno una notte.

Prima di andare a dormire si mettono anche in infusione i semi di finocchio e qualche foglia di alloro (voluttuosa aggiunta di Etelca) in una brocca di acqua bollente.

DSC_0212

DSC_0213

DSC_0221

Al risveglio, preso l’impasto, lo si pesa perché la quantità di mais cinquantino dev’essere il 40%.

In una terrina a parte si bagna il mais con la tisana di semi di finocchio e alloro, che va riscaldata un po’ prima di essere usata per creare una “polentina”.

DSC_0225

DSC_0227

DSC_0233
Si prende l’impasto bianco lo si schiaccia su una spianatoia (è poco idratato, potete lavorarlo bene) e ci si mette sopra la farina di mais bagnata, poi si piega su se stesso iniziando a lavorarlo di buona lena.

Una volta che l’impasto è omogeneo lo si schiaccia di nuovo aggiungendo i fichi a pezzetti, l’uvetta, la cannella, lo zucchero, il sale e si ricomincia a lavorare.

DSC_0247

DSC_0250

DSC_0257

Una volta ottenuta una bella sfera liscia, l’impasto va diviso in quattro parti perché una pagnotta troppo grande in forno cuoce male e all’interno rischia di restare troppo umida.

I panini ottenuti vanno fatti riposare almeno due ore, spolverati di farina e coperti da uno strofinaccio. Prima di metterli in forno s’intaglia sulla superficie del pane “la croce della benedizione” e si cuoce per 40 minuti in forno statico a 180 gradi.

Per filologi gourmet, il consiglio di Etelca è di servire il pan di sorc con i formaggi stagionati, scegliere quelli friulani farebbe di voi degli studiosi molto stimati quaggiù.

[foto crediti: Dissapore, la foto di Domenico Calligaro è di Ulderica Da Pozzo]