Scoprite l’Antica Osteria della Peppina prima che lo facciano tutti

L'Antica Osteria della Peppina: recensione del ristorante di Alseno in odore di stella Michelin, con menu e prezzi

Scoprite l’Antica Osteria della Peppina prima che lo facciano tutti

Se “Guida Michelin” non fosse sinonimo di “immutabile”, l’Antica Osteria della Peppina sarebbe già tra gli stellati della “Rossa” francese. Il diamante grezzo della situazione; classico posto che conviene provare prima che lo scoprano tutti, e prenotare il vostro tavolo diventi complicato e costoso.

Non fate gli spocchiosi, chi tra voialtri gastrofanatici andando in un posto chiamato “Osteria Francescana” si aspetterebbe la cucina d’autore, inventiva, colta e funambolica incarnata da Massimo Bottura?

Il ristorante di Giuseppe Arbusti, è stato aperto a fine Ottocento ad Alseno, tra Parma e Piacenza, dalla bisnonna –Peppina, appunto. Il mistero del nome buffo e ormai inadeguato, finisce qui.

Oggi lo chef è Jacopo Malpeli, affiancato in sala da Andrea Forti: i due hanno lavorato molto insieme, al ristorante Stella d’Oro di Soragna, poi al notevole Inkiostro di Parma, prima di arrivare alla Peppina, nel 2013,  per trasformarla da bistrot alla mano a indirizzo di culto per sgamatoni culinari.

Design e ambiente

Luogo fuori mano e fuori dagli schemi: guardandosi intorno dopo aver parcheggiato ai lati di una strada retta, nel mezzo del nulla, ci si aspetta una tavola fredda per camionisti di passaggio.

Poi si entra. Sorpresa!

Due sale per 25 coperti completate da un cortile per l’estate. Ambiente luminoso, moderno, con particolari sfacciati: maiali sorridenti, origami e birre artigianali esposte tra vini ricercati.

Palette cromatiche audaci, che si ritrovano nei piatti, e pezzi vintage in un ambiente elegante, ispirato più a un appartamento newyorkese che al pacioso caseggiato stra-emiliano che ci ha accolti.

Servizio

Ci eravamo accorti da soli di non essere in una vera Osteria della Peppina, ma il personale lo rende esplicito dall’inizio del servizio: tutti molto seri e preparati. Più emiliana l’accoglienza del proprietario, a base di cordialità e gnocco fritto che, come il pane, i grissini e ogni altra cosa di questa cena, è fatto in casa da tre persone. Ebbene sì, solo tre, ma in effetti superdinamiche

In sala lo showman è il maître Andrea Forti, che tutto sa di vini, birre e perfino saké, ma evita il fare ampolloso del sommelier; azzecca abbinamenti probabili e improbabili come se neanche stesse lavorando, sembra proprio divertirsi.

Il menù e tutti i piatti provati

Provocazione, stupore, spettacolo. Le parole chiave per descrivere la cucina di Jacopo Malpeli, 36 anni, prodotto dell’Alma –nel senso della scuola di cucina– sono più o meno queste.

Il suo obiettivo è infondere personalità e stile ai piatti. Dei cuori di carciofo, per esempio, mantiene l’aspetto ma elimina gli elementi superflui a vantaggio di una nuova e inattesa tavolozza di sapori.

Un tipo tosto, che sa misurarsi senza timori anche con la grande cucina emiliana nel menu degustazione “La tradizione tra Parma e Piacenza”, dove spicca per tecnica un piatto che *dovete* provare: Anolini in brodo di cappone con Parmigiano reggiano, pangrattato e sugo di stracotto.

Tutto l’approvvigionamento delle materie prime viene organizzato per valorizzare fornitori locali: dalle carni dal macellaio vicino al ristorante alle erbe selvatiche –molto presenti nei piatti del locale– raccolte da una signora di Alseno.

Diavolo d’un polpo

Prezzo 16 euro

Amalgamato agli altri sapori in varie misure, il piccante è un tratto comune a molte portate, che mantiene viva l’attenzione fino al pre-dessert: una crema di cavolfiore e cioccolato bianco con cialda piccante all’olio di oliva e frutto della passione.

In questo antipasto, insalata di polpo grigliato accompagnata da friarielli sott’olio, la parte pungente è nella salsa barbecue, insaporita dall’acqua di cottura del pesce.

Il “savarin di riso” in versione marina

Prezzo 18 euro

Altro piatto da non mancare: la mantecatura del risotto alla crema di mandorle, potenziato da una dose generosa di gambero rosso crudo e rinfrescato dallo yuzu, l’agrume giapponese, non si dimentica facilmente. La forma, in questo caso, è quella del savarin, emblema della pasticceria francese.

Vaccinara Roma – Pechino

Prezzo 16 euro

Sei ravioli serviti nel contenitore di bambù, come vuole la tradizione cinese, ma farciti secondo la ricetta della Roma papalina, con cacao, uvetta e pinoli.

Regala aromi inattesi intingerli nel fondo della coda alla vaccinara, denso e fortificato dal cacao, simile a una cioccolata calda salata.

Maialino a primavera

Prezzo 22 euro

Il maialino da latte affumicato poggia su un’emulsione di senape al miele di castagno, quasi invisibile sotto punte d’asparago e spugnole, ma vero supporto del piatto, reso pungente dalla senape in grani. Impiattamento elegante che ricorda il dipinto di una natura morta.

Velvet Underground

Prezzo 10 euro

Armonia anche nella presentazione del dolce più riuscito del menu, a base di barbabietola. Armonia e ordine, con la barbabietola che assume cinque forme diverse: semifreddo alla stracciatella, meringhe alla menta, spugna al whisky, crumble al limone e gel piccante al trinidad scorpion, che è una varietà di peperoncino.

[Dattilo a Strongoli: menu e prezzi del ristorante di Caterina Ceraudo]

Una bomba di sapore con picchi di torbato. Difficile che possa piacere a tutti, ma il piatto è ingegnoso.

Tiramisù

Prezzo 10 euro

Il tiramisù della casa è molto “sbagliato”, come si dice oggi, nonostante i sapori siano più universali rispetto al dolce precedente. Savoiardi fatti in casa bagnati nel Gran Marnier, miele di castagno, mousse di mascarpone con nocciole, e gianduia.

Il tocco personale stavolta è l’arancia amara, in marmellata e in scorze. Il palato ringrazia.

Prezzi

L’Osteria della Peppina non è un ristorante stellato, ma tutti, ristoratori, chef e clienti, si comportano come se lo fosse (già). Prezzi compresi.

Il menù degustazione da dodici portate, chiamato “Freak Show”, costa 90 euro, viene anche suggerito un percorso di abbinamenti al calice, che da solo costa 45 euro. Ma ve lo consigliamo, vista l’abilità del maitre, specie se vi piccate di essere gastronomi mondani che non temono accostamenti con saké, cocktail e birre artigianali.

Meno personale la carta dei vini, infarcita di etichette naturali con escursione notevole dei prezzi, che vanno da 24 a 190 euro.

Il menù della tradizione emiliana costa invece 45 euro per sette piatti, mentre ordinando alla carta trovate cinque proposte per ogni portata; gli antipasti costano tra i 16 e i 25 euro, i primi tra i 15 e i 18 euro, i secondi tra i 20 e i 26 euro.

Conclusioni

Cucina di stile e personalità, divertente e divertita, che scompiglia quel tanto che basta il copione da evitare monotonia e meccanicità.

Se vi piacciono gli chef estroversi, scoprirla sarà un’emozione. Che ripeterete spesso.

Bonus: uno dei pochi ristoranti italiani in cui le birre artigianali si servono e si abbinano con l’attenzione che meritano.