“Hai ancora fame?”: com’è la pizza stellata di Gucci che provoca

La pizza dolce servita come dessert da Gucci Osteria si chiama "Hai ancora fame?" e ironizza sul grande luogo comune del fine dining. Lo abbiamo provato.

“Hai ancora fame?”: com’è la pizza stellata di Gucci che provoca

“Dagli stellati si esce con la fame”. Quante volte avete sentito questa esclamazione, recentemente urlata nientemeno che nella tribuna popolare di Ciao Darwin, durante la sfida stellati contro trattorie? A maggior ragione, il termine “esclamazione” è voluto, perché vuole mettere ulteriore enfasi su un concetto di cui molti parlano, ma che non tutti conoscono. Da qui nasce l’idea di Gucci Osteria Firenze, ristorante stellato aperto nel 2018 che ha incastonato nel cuore di Piazza della Signoria l’estro tipico della maison.

“Spesso le persone sono convinte che dai ristoranti fine dining si esca con la fame, e che i menu degustazione siano lunghi sì, ma composti da assaggi minuscoli. Allora abbiamo pensato di concludere il nostro percorso chiedendo scherzosamente agli ospiti se hanno ancora fame e servendo loro… una pizza dolce come dessert”, mi hanno spiegato i due co-executive chef di Gucci Osteria Karime López e Takahiko ‘Taka’ Kondo. Nata e cresciuta a Querétaro, a nord di Città del Messico, Karime è al timone di Gucci Osteria Firenze fin dalla sua apertura dopo svariate esperienze fra Spagna, Messico, Perù e Giappone. In Giappone è nato invece ‘Taka’, che nella sua Tokyo ha lavorato in numerosi ristoranti italiani prima di trasferirsi all’Osteria Francescana di Massimo Bottura a Modena, rimanendoci per 17 anni e assumendo, nel 2014, il ruolo di sous-chef. Poi, il ricongiungimento in Toscana con la sua socia nel lavoro e nella vita.

Gucci Osteria a Firenze: Kondo Takahiko affiancherà chef Karime Lopez Gucci Osteria a Firenze: Kondo Takahiko affiancherà chef Karime Lopez

Sono proprio loro le due menti dietro a un piatto che può sembrare semplice (oggi la pizza dolce non è certo una novità nel mondo della ristorazione fine dining), ma che nasconde invece una riflessione ben più profonda sulla ristorazione di alto livello e i suoi mille tabù. Detto in altre parole: la classica battuta “non vado agli stellati perché le porzioni sono troppo piccole e dopo cena sarei costretto ad andarmi a mangiare una pizza” è stata in questo caso d’ispirazione per creare qualcosa di divertente, colorato e a tratti irriverente.

Com’è “Hai ancora fame?”

Hai ancora fame?

Se è vero che non tutti possono permettersi di andare a mangiare nei ristoranti fine dining (che non per forza sono stellati, ma questa è un’altra storia…), è altrettanto vero che parlare di qualcosa che non si conosce – come in qualsiasi altro campo – appare forse un po’ troppo avventato. E il sorriderci sopra di Gucci Osteria Firenze è quindi un’idea che ho personalmente apprezzato. Ma veniamo alla descrizione del piatto, ciliegina sulla torta di un viaggio gastronomico che passa dal Messico di Karime e arriva fino al Giappone di Taka, con l’Italia botturiana ovviamente sullo sfondo.

Il piatto “Hai ancora fame?”, preceduto nel nuovo menu degustazione “Le Nostre Nuove Memorie” (200 euro a persona per otto portate, 340 con l’aggiunta di sei calici di vino abbinati) da un pre-dessert altrettanto bizzarro e invitante quale il “Non dire Cassate” (Spaghetti con Pistacchio, Crema di Mandorla & Cedro) e da un dessert più ruffiano ma goloso come il “Banana Split” (Banana, Stelle Filanti, Fragola & Cioccolato), consiste in una pizza dolce con composta di pomodoro e fragole, più gelato di mozzarella. Viene servito come ultima portata prima della consueta petite pâtisserie e, pur sembrando all’apparenza una pizza Margherita, si rivela subito un dessert equilibrato, non troppo dolce e di conseguenza piacevole come chiusura del lungo percorso di degustazione. Un’illusione, una provocazione, una pizza dolce che mi ha fatto leccare i baffi ma anche sorridere e ragionare a lungo. Fino ad arrivare a una conclusione: spiegare qualcosa a chi non vuole comprenderlo a priori non è forse come cercare di spiegare lo stile dorico, ionico e corinzio a uno che di arte proprio non vuole saperne? Magari non ne vale neanche la pena.