Michelangelo Mammoliti è un ciclista appassionato. Lo è sempre stato, ed è ciò che in parte lo ha aiutato nella forma mentis da chef. Il rigore, l’impegno, l’allenamento, la dedizione. Michelangelo Mammoliti non si è mai perso una giornata di training, in sella alla bici come in cucina. Con l’unico obiettivo, nel secondo caso, di arrivare al traguardo, e quel traguardo erano le tre Stelle Michelin.
Ce le ha avute sempre in testa, era chiaro a chiunque ci parlasse, quelle tre stelle. Sembrava pure un tantino supponente, con quella sicumera di chi sapeva che prima o poi ce l’avrebbe fatta, ad arrivare dove voleva arrivare. E alla fine ‘sti cavoli di chi lo trovava supponente: Michelangelo Mammoliti ce l’ha fatta, a prendere tre stelle Michelin.
La Guida Michelin Italia 2026: i tre stelle sono quindici
Quindicesimo tristellato italiano, dopo l’ingresso di Casa Perbellini – 12 Apostoli di Verona lo scorso anno, Michelangelo Mammoliti diventa anche portabandiera di un Piemonte che non ha portato a casa grandi risultati gastronomici negli ultimi anni, almeno stando ai giudizi della Guida Rossa (eccezion fatta per Mr Cannavacciuolo).
Da quando era un giovane allievo di Yannick Alléno (un mostro delle stelle Michelin francesi), e parlava con un accento francese un po’ buffo per uno che alla fine è nato a Giaveno, Michelangelo Mammoliti di strada ne ha fatta.
Certo, che fosse un fuoriclasse, e un ambizioso come pochi, in tanti lo avevano capito, fin dall’assaggio del suo spaghetto BBQ, prima ancora che parlasse di “neurogastronomia”, un altro modo per parlare di cucina dei ricordi. Quel che personalmente ho sempre detto, fin dal primo assaggio, della cucina di Mammoliti, è che alcuni dei suoi piatti me li ricordo ancora oggi, a distanza di anni, mentre sovente mi dimentico cosa ho mangiato ieri, fosse pure un piatto super stellato.
La verità è che Michelangelo Mammoliti sembrava programmato per prendere le tre stelle Michelin, e secondo tutti era solo questione di tempo perché arrivasse al suo obiettivo. Nulla, in questi anni, si è frapposto tra lui e il traguardo, e in un mondo di chef che per mille motivi si perdono per strada, non era per niente scontato. Neanche nel suo caso, in effetti.
La storia di Michelangelo Mammoliti

Alla fine, era chiaro che Mammoliti la stoffa ce l’ha sempre avuta. Con quel rigore tutto francese e quella passione tutta italiana perfettamente mixate. Se n’è accorta immediatamente la Guida Michelin, che nel 2014 gli ha conferito la prima stella, a La Madernassa, e poi, tre anni più tardi, la seconda.
Nel frattempo la lunga pausa per il trasferimento al Boscareto Resort: un azzardo, in effetti. Una location bellissima, prestigiosa, ma che ha richiesto tempo e pazienza, con l’incognita di sapere se Michelin – e il pubblico di appassionati – avrebbe compreso, e aspettato. Lo ha fatto, riconfermando nel 2023 le due stelle Michelin al suo “La Rei Natura by Michelangelo Mammoliti”, riconoscendogli evidentemente continuità, nonostante un progetto molto più complesso e anche raffinato rispetto al precedente. Un progetto chiaramente pensato per raggiungere il traguardo, quello delle Tre Stelle Michelin.
Nel frattempo però, tutti lo hanno visto: Michelangelo Mammoliti è cresciuto. Non solo professionalmente, come chef, ma anche personalmente, come uomo. È diventato padre, e ha approfittato della pausa del Covid e poi di quella del trasferimento per pensare, per rallentare, per ricostruire la sua proposta culinaria e soprattutto il suo modo di guidare la sua brigata. Da chef fumantino e autoritario (almeno alla percezione esterna) si è trasformato in leader più pacato. Sempre esigente, focalizzato, ma solido, realmente sicuro, e non solo per apparenza. Ha raffinato le tecniche, la cucina, ma anche il carattere, il modo di porsi, il modo di raccontarsi e di esprimersi con i suoi piatti. E alla fine, ce l’ha fatta.
