Raffaele Amitrano è lo chef del Mammà Isola di Capri, giunto a Torino un po’ più di un anno fa per rivitalizzare e dare un tocco d’autore alla cucina delle Officine Grandi Riparazioni, l’enorme (e bellissimo) spazio un tempo utilizzato per riparare i treni e oggi riconvertito a contenitore di eventi. C’è riuscito, Raffaele Amitrano, a farsi notare in città, con il suo ristorante, che porta un po’ di gusto partenopeo in un luogo torinesissimo e che dà speranze di simpatie Michelin in una città che nell’ultimo periodo sembra averle totalmente smarrite.
In queste giornate calde, di manifestazioni, dissensi, Flottilla, richieste di pace e richieste di attenzione per una situazione internazionale a detta di tutti (e di molti) insostenibile nonché gravemente e colpevolmente sottostimata dai governanti, Raffaele Amitrano è tristemente balzato alle cronache perché il suo ristorante, che appunto si trova all’interno delle OGR – Officine Grandi Riparazioni, è stato travolto dal blitz di un gruppo di manifestanti che sono entrati e hanno spaccato e messo a soqquadro ogni cosa, compreso appunto il locale dello chef.
Perché alcuni manifestanti hanno attaccato le OGR
I Pro-Pal hanno attaccato le OGR, si è letto un po’ ovunque, con il solito rischio di dare più risalto a dieci facinorosi che a decine di migliaia di manifestanti pacifici, o anche solo di metterli sullo stesso piano come idee, valori, linguaggi, messaggi. Lo dimostra il fatto che oggi sono tutti “Pro-Pal”, con questo orribile neologismo coniato per semplificare (e semplificare è sempre male, ed è sempre impoverire): Pro-Pal chi era in piazza, Pro-Pal chi era alle OGR, Pro-Pal chi protesta contro il governo Meloni, Pro-Pal chi chiede che i cittadini italiani su una barca battente bandiera italiana in acque internazionali vengano protetti e tutelati da attacchi di uno Stato “amico”.
Ma perché dunque i Pro-Pal, quella parte (piccola, è bene ricordarlo ancora e ancora) di Pro-Pal incappucciati e con i fumogeni ha preso di mira le Officine Grandi Riparazioni? Ce lo chiediamo non per trovare giustificazioni, ché è il caso di ribadire anche che la violenza di giustificazioni non ne ha, ma perché è un elemento necessario per capire, visto che semplificare è sempre male. Alle OGR, in questi giorni, è in corso l’Italian Tech Week, una manifestazione dedicata a futuro e tecnologia, che ha visto come ospite speciale Jeff Bezos, fondatore di Amazon e oggi portatore di tutta una serie di messaggi quantomeno divisivi, dalle tecnologie concesse a Israele all’appoggio a Donald Trump, o al solo fatto che possiede un patrimonio la cui quantificazione non può non mettere in imbarazzo chi tenta di contarlo. C’è poi l’ospitata di Ursula von der Leyen, accusata di non aver fatto la sua parte per contrastare il governo di Benjamin Netanyahu, che l’avrebbe vista dialogare il giorno successivo la manifestazione di giovedì, e quindi proprio venerdì (giorno dello sciopero generale indetto dai CIGL e USB) proprio alle OGR e proprio con Bezos.
Ecco perché le OGR sono diventate un simbolo, e un obiettivo di quei manifestanti. Ed ecco perché lo chef Raffaele Amitrano si è trovato suo malgrado in mezzo a tutto questo.
Il racconto dello chef Raffaele Amitrano
In parte, lo chef aveva già affidato le sue parole a una storia sui suoi social. “Protestare contro la guerra con la violenza, che senso ha?”, aveva detto. “Siamo tutti contro la guerra, lo sono anche io, certamente, ma davvero non capisco il perché di tutto questo nei nostri confronti: noi qui siamo un posto che accoglie la gente, che cerca di farla stare bene. Ci siamo davvero sentiti violentati senza motivo“, ribadisce oggi a noi.
Come va, chef?
“Fortunatamente siamo riusciti a ripartire subito, senza troppi strascichi. Abbiamo lavorato tutta la notte, tutti quanti, e siamo ripartiti molto bene già a pranzo”.
C’erano tanti danni?
“Non cose gravissime ma sì, i danni erano parecchi: computer, iPad, tavoli, bicchieri…però poteva andare peggio, mi sono molto spaventato e preoccupato”.
Di cosa aveva paura?
“Intanto della nostra incolumità: erano in tanti, e i ragazzi erano davvero spaventati. E poi temevo che arrivassero in cucina, dove ci sono tanti oggetti che possono diventare pericolosi“.
Avete opposto resistenza? C’è stato qualche contatto con i manifestanti?
“No, loro in realtà ci ignoravano proprio. Sono entrati come un treno, buttando tutto per aria. Davvero, non capisco. Se volevano boicottare l’evento, potevano entrare, sedersi, e occupare lo spazio in maniera non violenta, no?”.
Certo, verissimo. Visto quello che le è successo, vuole ribadire che a fronte di questo attacco là fuori c’erano tante piazze pacifiche e non violente che meritano attenzione?
“Ma certo! Sia chiaro che non ho nulla contro di loro. Anzi. Parlo a nome di tutti, anche a nome della proprietà: noi siamo tutti contro la guerra, qui”.
Lei ha mai manifestato, magari in gioventù?
“No, sinceramente. Non ho mai avuto il tempo, a dire il vero: ho sempre lavorato, fin da giovane, e il nostro è un lavoro molto impegnativo”.