Vecchia Osteria del Nacchero a Firenze: recensione

La nostra recensione della Vecchia Osteria del Nacchero a Firenze, con menu, prezzi, piatti provati e, naturalmente, le nostre opinioni.

Vecchia Osteria del Nacchero a Firenze: recensione

In piazza Gavinana, in un quartiere residenziale di Firenze non lontano dal centro, giusto in mezzo alla rotonda, spicca una statua di un giapponese in abiti tradizionali intento a cavare fuori dal collo di un cormorano un pesce testé ingoiato dall’uccello, eseguendo le consuete manovre della tecnica di pesca tipica di Gifu, la città nipponica amica di Firenze che ha donato a quest’ultima la statua, oltre la quale – da dove sono io – si apre la porta della Vecchia Osteria del Nacchero, che stasera visiteremo in missione segreta per voi, amici di Dissapore.

Quanto sia davvero vecchia non saprei, di certo l’arredamento ostenta consapevolmente il concetto di tipica trattoria toscana, e lo fa con stile studiatissimo e instagrammabile, per mezzo di enormi tendaggi di trecce d’aglio, ciuffi di grano, mestoli a pendere dagli scaffali, i cui cassetti anziché essere in legno sono in vetro, e sono riempiti di cereali, accanto a cui svettano i fiaschi vuoti, le lampade a sospensione, i separè decorati con vedute in bianco e nero della città e in fondo addirittura una libreria stracarica di volumi che intende dare l’idea di una vita vissuta.

C’è insomma un tocco dal gusto marcatamente hipster, e lo notiamo subito mentre ci accomodiamo a uno dei bei tavoli in marmo domandandoci se l’offerta gastronomica risponda a sua volta a un simile principio.

Il vino della casa

Per prima cosa a tavola troviamo ad aspettarci una bottiglia di Le Gallozzole (10 euro), un Sangiovese prodotto a Monteriggioni che qui è di casa, spiccando il suo marchio anche sul grembiule della cameriera, che ce lo apre (senza farcelo assaggiare), anche se già dal primo calice è chiaro che sa difendersi, nella sua onesta sangiovesità (non è neppure troppo acidulo).

Il menu e i piatti del Nacchero

Divido dei paccheri alla trabaccolara di ciccia (9 euro) col mio fido Commensale™, che ci arrivano piuttosto rapidamente e unti anzichenò – troppo, direi. Una piccola nota: la pasta alla trabaccolara è una tipica ricetta viareggina (benché debba il nome al trabaccolo, che è un’imbarcazione tipica di San Benedetto del Tronto, da dove alcuni pescatori si trasferirono a Viareggio nei primi decenni del ‘900, portando con sé le loro imbarcazioni destinate a dare il nome a questo piatto) a base di quello che un tempo veniva detto pesce povero, ovvero si realizzava coi pesci di fondale che restavano invenduti – principalmente scorfani, gallinelle e tracine (sostanzialmente invendibili per ovvie ragioni psicologiche le tracine sono una delizia da intenditori, btw) – i filetti dei quali, sfrigolati insieme a cipolla, aglio, peperoncino e pomodoro, andranno poi schiacciati con una forchetta, a questo punto il risultato non sarà troppo dissimile da quello di una sorta di ragù bianco servito insieme a una salsa rossa.
osteria nacchero firenze

L’excursus mi serve perché col suddetto Commensale™ ci siamo interrogati, ordinandolo, sulla composizione del piatto, immaginandolo fatto – analogamente alla trabaccolara viareggina – di “scarti”, stavolta a base di carne. Appena arriva in tavola è invece mia moglie, appunto viareggina, a sciogliere l’equivoco: “La chiamano trabaccolara perché all’aspetto è uguale alla trabaccolara”. Ed è vero, l’aspetto è quello di un ragù chiaro con un po’ di pomodoro, e non è fatto di frattaglie. Il risultato è forse più vicino a quello di un classico ragù bianco, e non arriva alle particolarità della versione originale.

Per secondo mi faccio portare un più interessante tegamino del carcerato (10 euro), questo finalmente realizzato con frattaglie. Immerso in una base di sugo di manzo alla francesina (o picchiapò, come dicono a Roma), spiccano la dolce viscosità dei pezzi di trippa, la morbidezza del bollito e la sapidità del lampredotto alla diavola, in un accostamento che riesce a esaltare in modo netto ciascuno degli ingredienti. Molto interessante anche la trippa in carpione (10 euro) ordinata dal Commensale™ medesmo, un piatto in cui lo stomaco fritto e sfumato all’aceto acquista venature agrodolci che ricordano non poco l’esprit delle sarde in saor (e di qualunque preparazione in carpione). Un piatto squisito.

Il dolce e il conto

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Il dolce che scelgo è una fetta di torta di mele (5 euro), che risulta scolastica e un po’ troppo spugnosa. Il cameriere, piuttosto entrante ma simpatico, ha fatto un po’ di caos col valzer delle ordinazioni, ma ha saputo aggiustare l’arrivo delle portate senza problemi. L’ambiente del ristorante è piacevole ed essendo fuori dal centro non si sentono gli immancabili americani ridere e vociare sguaiatamente (una rarità, a Firenze). Il conto pure mi sorprende, spendiamo 28 euro a testa, il che, tutto considerato, mi fa pensare che il caffè e gli amari ci siano stati offerti. Fuori il pescatore giapponese mi guarda ancora intento a cavare la trota dal collo del cormorano, vuole sapere com’è andata. Senti pescatore, mi scappa di dirgli, mi sa che ci rivedremo.
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Informazioni

Vecchia Osteria del Nacchero
Indirizzo: Piazza Gavinana 4, Firenze
Sito Web: www.osteriadelnacchero.it

Orari di apertura: aperto tutti i giorni dalle 12 alle 15 e dalle 19 alle 23
Tipo di cucina: fiorentina
Ambiente: hipster
Servizio: un po’ sbadato ma cortese
Voto: 3,7/5