Se il panettone può nascondere i suoi difetti dietro un candito o un’uvetta, il pandoro non ha scampo, è nudo. Un monolite di grassi e zuccheri che sfida la forza di gravità. Quest’anno poi, come se la realtà non fosse già abbastanza deprimente, il trend è chiaro: siamo tornati alle “porcate” (termine tecnico) anni ’90. Creme siringate al pistacchio, coperture al caramello, farciture al tiramisù, aspersioni di gin e per non farci mancare un guizzo di contemporaneità, il maledetto Dubai Chocolate. È la risposta dell’industria alla nostra povertà, se non possiamo permetterci l’artigianale da 40-50 euro, stordiamoci di creme psichedeliche.
Per questa prova d’assaggio abbiamo selezionato i 5 marchi più diffusi della fascia entry level, che quest’anno hanno prezzi sospettosamente bassi, tra i 5 e i 7 euro. Quindi li abbiamo scrutati, abbiamo buttato la bustina di zucchero e li abbiamo affrontati, senza orpelli e senza pregiudizio.
Anche qui, come per i panettoni, i conti non tornano. Mentre il burro ha raggiunto quotazioni da gioielleria così come i tuorli d’uovo, i pandori industriali conservano prezzi popolari. Il motivo? Intuibile: è per farvi comprare il pandoro al cioccolato o quello latte e miele (vi giuro che esiste). Ormai tutti i marchi hanno una linea premium proprietaria, fatta con le uova di galline allevate a terra e che hanno frequentato le scuole svizzere.
Pandori del supermercato economici: la classifica di Dissapore
Ma andiamo al dunque. Come si giudica un pandoro industriale senza farsi ingannare? Per stilare la classifica abbiamo applicato un protocollo rigido.
- La prova “senza trucco”: l’assaggio avviene rigorosamente senza zucchero a velo. L’infida polverina copre i difetti di cottura, nasconde l’amaro del bruciato e confonde il palato. Noi vogliamo vedere le cicatrici. E non vogliamo la tosse da minatori, soprattutto.
- Caccia all’uovo: molti pandori industriali sanno di frittata dolce. Cerchiamo quelli che sanno di burro e vaniglia, vera o presunta.
- Selezione: niente private label e niente versioni pasticciate. Vogliamo il pandoro base, quello che trovi ovunque.
5. MELEGATTI

Lo slogan è “L’Originale“. Domenico Melegatti l’ha messo in produzione per primo, nel 1894. Se vedesse cosa ne hanno fatto i suoi eredi, tornerebbe indietro per dare fuoco al brevetto.
Alla vista è ammaccatello e troppo scuro. Il profumo è di burro rancido e il sentore di bruciato non promette nulla di buono. La consistenza è asciutta, la struttura fitta. Non presenta quella “filatura” sexy che dovrebbe avere. Il sapore è acido, estremamente dolce e con un finale amaro veramente sgradevole.
Voto: 4.5 – lesa maestà
Prezzo: 4,99 € (un prezzo entry level che sa di occasione persa).

Lista ingredienti: Farina di frumento, Uova fresche, Zucchero, Burro (latte), Lievito madre naturale 5,5% (farina di frumento, acqua, lievito), Emulsionanti: mono-e digliceridi degli acidi grassi di origine vegetale, Sciroppo di glucosio-fruttosio, Latte scremato in polvere, Sale, Burro di cacao, Aromi.
La verità dell’etichetta: latte scremato in polvere e aromi sintetici. Avete preso un’icona di Verona e l’avete riempita di surrogati scadenti. Il colore scuro? È la reazione di Maillard spinta al limite per cercare di dare sapore a un impasto che, tecnicamente, sa di poco. Come trovare un bagnoschiuma Tesori d’Oriente sotto l’albero, agghiacciante.
4. MAINA

“Piano Piano…”, come recita la pubblicità. Tanto non ho fretta di mangiarlo. È gnucco? Sì. È dolce? Troppo. Ma se lo affogate nella crema al mascarpone nessuno se ne accorgerà.
Paffuto ma adagiato su se stesso, all’olfatto è il nulla. Il vuoto pneumatico. Sa di farina e speranze infrante. Consistenza soffice, si mastica senza affaticare la mascella. Piatto al palato. È solo un supporto fisico per veicolare lo zucchero a velo.
Voto: 5.5 – gonfiato
Prezzo: 5,90 € (fascia media, ma resa bassa).

Lista Ingredienti: Farina di grano tenero tipo “0”, uova fresche, zucchero, burro, latte intero fresco pastorizzato 4%, lievito naturale (farina di grano, acqua), fruttosio, emulsionanti: mono- e digliceridi degli acidi grassi, sale, lievito di birra, aromi.
La verità dell’etichetta: tana per Maina! In fondo alla lista compare il lievito di birra. In sostanza lo hanno dopato per gonfiarlo in fretta e aggiunto gli aromi sintetici per profumarlo. Il bodybuilder dei pandori.
3. BALOCCO

Lo slogan è infarcito di uova, latte, amore, campagna. “Fate i buoni”. Sì, ma comincia tu per favore.
Forma equilibrata, con una bella base spessa, color caramello fuori, giallo tenue all’interno. Profumo intenso di burro di cacao e vaniglia, una bella sopresa. Struttura e consistenza: morbido e unto. Ti lascia le dita lucide come se avessi mangiato pezzi di ricambio di un motore. Sapore: intenso, forse troppo. Al primo morso dici “wow”, al terzo chiami l’epatologo.
Voto: 6 – cacao meravigliao
Prezzo: 5,90 € (allineato alla concorrenza).

Lista Ingredienti: farina di frumento – uova fresche 20,6% – zucchero – burro – lievito naturale (farina di frumento – acqua – lievito) – emulsionanti: mono- e digliceridi degli acidi grassi – latte fresco pastorizzato alta qualità 1,8% – sale – aromi – burro di cacao.
La verità dell’etichetta: Balocco ha creato un mostro. Uova fresche: 20,8%. Grassi: 200g (su 1kg). È una bomba proteica e lipidica. Tecnicamente impressionante per ricchezza, ma aromaticamente sgraziato. Se superate la seconda fetta, meritate un premio al valore.
2. PALUANI

Lo slogan è “Il metodo del tempo giusto lavorato in 4 impasti”. Proclami importanti che generano aspettative.
La punta a stella è cesellata alla perfezione, fuori dorato, dentro di un bel giallo incoraggiante, ma ahimé bruciacchiato sul fondo. All’olfatto, finalmente, sento il latte. Un profumo rotondo, accogliente, da inzuppo. La consistenza è setosa. Si scioglie in bocca come un peccato veniale. Sapore delicato, di burro e vaniglia.
Voto: 6.5 – occasione persa
Prezzo: 6,70 € (il più caro del lotto, e forse c’è un motivo).

Lista ingredienti: farina di frumento, zucchero, burro (latte), uova fresche 16%, latte fresco intero pastorizzato 6%, emulsionanti: mono e digliceridi degli acidi grassi, lievito naturale 3% (frumento e acqua), burro di cacao, sale, aromi.
La verità dell’etichetta: Paluani vince il premio “quota latte”. Il 6% di latte fresco (un record) e burro di cacao, il grasso nobile che aiuta la struttura e la sofficità. Peccato per il difetto di cottura, altrimenti sarebbe stato da 8 e avrebbe vinto la classifica con agio. Avrò comprato il lotto sbagliato, voi potreste essere più fortunati.
1. BAULI

Nella comunicazione entra in gioco l’estro italico. Il lievito madre di Bauli si chiama “Futura”. Sì, hanno dato un nome di battesimo a una coltura di lieviti e batteri lattici proprio come facciamo noi. La confezione lilla? Perfetta per costruirci un elmo (lo avete fatto tutti almeno una volta).
Forma distintiva, quasi a margherita, fondo bombato ma qualcuno gli ha dato una gomitata. Sembra modellato da un animatore della Pixar con qualche decimo di presbiopìa. Il profumo è quello del Natale commerciale. Ruffiano, vanigliato. Ti piace anche se sai che non dovrebbe, come le Birkenstock. Struttura e consistenza: grasso, soffice, cede sotto i denti con una arrendevolezza colpevole. Sapore: sapido. C’è quella puntina di sale che ti fa salivare e ti spinge a mangiarne ancora.
Voto: 7 – il felicione
Prezzo: 6,50 € (fascia alta della GDO, ma li vale in astuzia ingegneristica).

Lista ingredienti: farina di GRANO tenero tipo “0”, UOVA fresche, zucchero, BURRO (LATTE), lievito naturale (FRUMENTO), emulsionanti: mono e digliceridi degli acidi grassi; sale, aromi.
La verità dell’etichetta: il paradosso Bauli è svelato. Il loro panettone ha solo 12g di grassi su 100g di prodotto, ma nel pandoro ne hanno messi 19. Hanno incrementato il sale per spingere il sapore e usato aromi studiati a tavolino per piacere alle masse. Non è genuino, è programmato per la popolarità.
Verdetto: è l’auto-tune della pasticceria. Corregge ogni difetto, pialla ogni asperità e ti restituisce un prodotto godibile ma privo di anima. La nostra classifica la vince il Bauli, ma è una vittoria a tavolino. Si prende la coppa solo perché il vero talento del gruppo, Paluani, si è letteralmente bruciato la carriera in forno. Aveva tutte le carte in regola per farci innamorare, ma ha rovinato tutto appena si è tolto le mutande.
