Essere giurata in un concorso di formaggi: diario da Italian Cheese Awards

Com'è fare da giurata in uno dei più importanti concorsi di formaggi italiani, Italian Cheese Awards, schiettamente raccontato da una redattrice di Dissapore.

Essere giurata in un concorso di formaggi: diario da Italian Cheese Awards

Tra i concorsi più impegnativi – ma anche divertenti – ai quali si possa essere chiamati in qualità di esperti, quelli sui formaggi sono un campione che si presta particolarmente bene a narrazioni e analisi, per molti motivi. Il formaggio implica una degustazione decisamente fisica: si tocca, si spezza, si mette il naso addosso alla pasta, ci si sporcano le mani, ci si unge, l’aria diviene ben presto satura di odori in cui si mescolano latte, burro, panna, fieno, stalla, cantina, muschio, sentori di vacca, di pecora e di capra, alito degli astanti. Se tutti i concorsi gastronomici sono dei campi di battaglia, quelli di formaggi lasciano brandelli di corpi che evocano la Guerra dei Trent’anni: paste filate che vengono sfilacciate, assaggi che portano il segno dei morsi, croste spezzate, briciole cadute dagli stagionati più invecchiati, venature dei blu dai richiami vampireschi.

Qualche giorno fa ho preso parte alla giuria del concorso di formaggi Italian Cheese Awards (e poco più di un mese fa a quella di Caseus Veneti, che tuttavia ha un respiro squisitamente regionale) ogni anno assegnato ai migliori prodotti italiani: suddivisi per tipologie (una decina, dai freschissimi agli aromatizzati), gli oltre trenta formaggi finalisti sono stati sottoposti alla valutazione di un gruppo di esperti che per ogni categoria ha decretato il vincitore. Al di là dei risultati, e oltre ai riferimenti tecnici sui criteri generali di valutazione dei formaggi, per i quali rimandiamo al lavoro egregio fatto dall’Onaf, quello che vale la pena raccontare sono dinamiche e aneddoti, che dopo anni di partecipazione a giurie casearie, costituiscono un buon campione rappresentativo e aiutano a capire meglio cosa significa essere un giurato.

Verrà prima o poi il momento in cui la sociologia dedicherà una branca della materia allo studio dei concorsi gastronomici: microcosmi umani dall’altissimo valore culturale e antropologico, possono essere letti in due modi diversi se non opposti. Tutto si gioca sul ruolo che si è chiamati a ricoprire: se si è dei semplici osservatori esterni, l’idea di assaggiare a ritmo cadenzato un unico prodotto, proposto in versioni che presumibilmente rappresentano l’eccellenza del settore, è una condizione di godimento e beatitudine estrema. Se invece si è dei giurati, è bene sapere che – per quanto piaccia ciò che si assaggia – ci sarà inevitabilmente e puntualmente un momento in cui palato, corpo e mente perderanno lucidità, sfioreranno lo stordimento e renderanno il compito di assegnare punti e voti decisamente gravoso.

Strumenti di assaggio, scheda e votazioni

Concorso formaggio (1)

Un piattino con i formaggi porzionati, posate o stuzzicadenti, acqua, tovaglioli: ecco gli strumenti di lavoro. Alla partenza si è felici, più lucidi e presenti a sé stessi, forse persino più severi. Alla metà del giro il naso ed il palato cominciano a dare segni di saturazione. L’ideale sarebbe alzarsi, respirare aria pulita e ironizzare su qualcosa a scelta: la mise di qualche giurato, i risultati del derby, Fedez in politica, la moda dei bulldog francesi. Insomma, prima o poi, e in genere in un momento condiviso con il resto dei compagni di banco, la stanchezza prende il sopravvento. Il richiamo ad essere forti e coraggiosi aiuta, così come il pensiero di non avere in mano i destini del mondo. Aiuta anche ricordarsi che, forse, chi sta porzionando i formaggi da ore si trova in condizioni peggiori.

Palato stanco, dunque: avere a disposizione pane o grissini indubbiamente serve. La sensazione, solo apparente però, è quella di riuscire a sgrassare il palato. Migliori alleate sono le mele: acidità, dolcezza e succo aiutano a pulire la bocca e a prepararla di nuovo.

Il voto

Concorso formaggio (5)

Esattamente come in tutti i concorsi, ad ogni giurato viene consegnata una scheda. Ora, posto che la selezione dei giurati venga fatta con un certo criterio (esperti, tecnici, giornalisti, chef: insomma soggetti che si presume siano preparati in materia) e che non obbedisca invece a logiche che coinvolgono il grado di celebrità dei giurati e che pongono la competenza in secondo piano, l’ideale sarebbe poter avere una scheda che sia in grado di riassumere (di solito in un punteggio compreso tra 0 e 5) tutte le fasi dell’esame: visivo, olfattivo, gustativo e con una chiusura sul livello di piacevolezza e/o preferenza.

Mortificare il lavoro di casari, malghesi e produttori con un banale “metti una croce sulla casella corrispondente al formaggio che ti piace di più” (capita pure questo) non è soltanto un errore tecnico, ma anche concettuale. Significa non permettere un giudizio articolato, che consenta a chi giudica di motivare la propria scelta e a chi è giudicato di capire punti di forza e di debolezza del proprio prodotto. E’ bene giudicare in autonomia, senza consultarsi o commentare con i colleghi. Vale quanto abbiamo imparato a scuola: copiare è sbagliato. Per carità, vale pure anche il corollario per cui il compagno di banco che non passa il compito è uno stronzo, ma tra l’assenza di collaborazione e la correttezza, in questo caso è preferibile la seconda.

La parola ai giurati

Italian Cheese Awards 2021-2021

 

Ogni giuria è un campionario di varia umanità. Il consiglio è di recuperare gli studi di Erving Goffman e di godersi lo spettacolo. C’è il grande esperto che mantiene discrezione, umiltà e basso profilo, che misura le parole e interviene pochissimo. C’è il/la foodblogger che di fronte alla parola “tirosina” si fa un appunto su google drive per cercare cosa sia; chi fraintende il senso del compito assegnato e invece di assaggiare mangia; chi in sede di presentazione o autopresentazione ci tiene al fatto che vengano elencate tutte le proprie qualifiche, puntualizzando eventuali dimenticanze; chi deve inevitabilmente ricordare quella volta che è stato chiamato a rappresentare l’Italia in un prestigioso consesso internazionale, quella volta che ha cenato con Marchesi o quella volta che ha stretto la mano Ducasse; chi sentenzia con sicumera sul miglior carrello dei formaggi, sulla migliore stagionatura del Formai de Mut, su quella volta che nelle Asturie ha mangiato il miglior Afuega’l pitu della sua vita, e che indubbiamente era “commovente”; chi si posta selfie accompagnati dall’originalissimo “è uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo”; chi sta tutto il tempo al telefono; chi rovescia l’acqua; chi vuole far sapere a chi ha dato il proprio voto e perché; chi si arrabbia per una lavorazione sbagliata della pasta; chi detesta gli aromatizzati e chi pensa che gli aromatizzati siano la nuova frontiera; chi scrive ossessivamente sulla propria Moleskine come se fosse al lavoro su un codice miniato; chi, infine, dopo aver toccato con le mani decine di formaggi, si affretta a cingere fianchi, avambracci e spalle di altri giurati/e.

Ci si rivede

Italian Cheese Awards 2021-2021

Dopo ore di resistenza, il momento del commiato è un liberi tutti. Sorrisi, strette di mano, scambio di biglietti di visita, richieste di amicizia su Facebook, e “segui anche tu” su Instagram, in un carosello di nomi e volti che molto probabilmente si finiranno per rivedere l’anno successivo, in una dimensione temporale ciclica tutto sommato rassicurante.

Al termine di ogni concorso viene da chiedersi come e se sia possibile sopravvivere. La risposta è semplice: parafrasando Nora Ephron – sceneggiatrice, regista e scrittrice – verrebbe da dire “everything is copy”, tutto è ispirazione. Si sopravvive scrivendoci un pezzo.