Troppo poco analizzato dall’enogastronomia, e forse anche per questo spesso bistrattato. Basta domandarsi e rispondersi francamente: quanto siamo disposti a spendere per una bottiglia d’olio. Aggiungeteci che, forse, influenzati da una scaletta mentale redatta in Paesi non mediterranei, anche la nostra idea di enogastronomia italiana si basa su correnti di gusto, dimenticando per lo più alcune unicità del territorio che, come si diceva una volta con un po’ di sciovinismo, “tutti c’invidiano”.
Quella sull’olio del Sud Sardegna e dell’Oristanese è una guida che fa cultura, non solo per l’olio sardo ma per tutto l’olio. Voluta dall’Associazione Nazionale Città dell’Olio, in collaborazione con la Camera di Commercio di Cagliari-Oristano e presentata ufficialmente oggi a Roma, alla Camera dei Deputati, è tuttavia un progetto che apre i suoi confini, portandoli ben oltre quelli del Sud Sardegna a cui è dedicata. Il nome completo del libro è “L’OLIO – Itinerari tra uliveti, paesi e sapori locali. Sud Sardegna e oristanese” ed è innanzi tutto un manuale, perché permette al lettore, anche al meno esperto, di avvicinarsi al mondo dell’olio.
Le cultivar di olive sarde

Quello che piacerà a molti è la parte da nerd dell’olio, in cui, in schede ben strutturate, si raccolgono tutte le cultivar dell’oliva sarda: la Bosana, la Tonda di Cagliari, la Nera di Villacidro, la Pit’ze Carroga e la Semidana.
Bosana
È la cultivar più diffusa dell’isola. L’olio è fruttato medio-intenso, con note erbacee, carciofo, cardo e talvolta pomodoro acerbo. L’amaro e il piccante sono ben bilanciati, con una punta piccante marcata dovuta all’alto contenuto di polifenoli. È una varietà che dà oli complessi e longevi.
Tonda di Cagliari
Tipica del Sud Sardegna, produce un olio più morbido e rotondo. Il profilo aromatico è delicato: mandorla dolce, erba appena tagliata e talvolta fiori bianchi. Amaro e piccante sono contenuti. Spesso è impiegata nei blend per rendere più armonici gli oli più intensi.
Nera di Villacidro
Diffusa nel Medio Campidano, dà oli fruttati leggeri o medi, con sentori di frutta matura come banana e mela gialla. L’amaro è lieve, il piccante più evidente ma sempre equilibrato. È tra le varietà sarde più accessibili e immediate.
Semidana
Originaria dell’Oristanese, offre oli profumati e molto eleganti. Il fruttato è medio, con note di mela verde, mandorla fresca ed erbe aromatiche. Al gusto è equilibrata, con un piccante fine e persistente. È una cultivar molto apprezzata anche in degustazione.
Pitz’e Carroga
Antica e meno diffusa, tipica soprattutto del Sulcis. In passato considerata oliva da mensa, oggi è riscoperta per un olio delicato ma identitario: note di frutti rossi, radice e un accenno balsamico. L’amaro è lieve, il piccante più pronunciato. È una delle varietà su cui si concentrano progetti di valorizzazione.

Accanto a ogni scheda, un’infografica segnala forma e caratteristiche peculiari dell’oliva.
Segue poi un abbecedario della degustazione dell’olio, con consigli pratici su come preparare il palato, come pulirlo tra un assaggio e l’altro e cosa cercare con il naso e con le papille gustative. Si sfatano anche luoghi comuni, come quello secondo cui il piccante sarebbe un difetto, quando invece indica semplicemente un’elevata presenza di polifenoli.
Sull’analisi visiva, invece, viene svelato il trucco dei degustatori dei panel professionali: chi assaggia lo fa in bicchierini blu cobalto, un colore capace di annullare quello dell’olio, evitando che un verde vivace influenzi il giudizio sulla qualità.
Infine, non poteva mancare la scheda di lettura dell’etichetta dell’olio.
L’approfondimento storico
La tomba di giganti di San Cosimo, nel territorio di Gonnosfanadiga.Con la storia ci si lega – necessariamente- di più al territorio, e un excursus sulla cultura dell’olio nell’isola è doveroso, soprattutto perché risale alla civiltà nuragica, cioè al periodo che va dal 1700 a.C. al 700 d.C., epoca in cui, incredibilmente, in alcuni nuraghi sono stati trovati resti di macine per l’olio.
Ma la cultura radicata degli ulivi si racconta anche attraverso le leggende locali, come quella della Coga, una sorta di strega cattiva che entrava nelle case a succhiare il sangue ai neonati. La tradizione vuole che solo un ramoscello d’ulivo possa allontanare la Coga, e da questa leggenda deriverebbe l’usanza, diffusa anche in territori molto lontani dalla Sardegna, di mettere il ramoscello d’ulivo benedetto sul letto.
Parte della magia dell’olio è contenuta anche nel rituale contro il malocchio, presente in Sardegna come in tutto il Sud Italia: per capire se una persona è affetta dal malocchio si fanno cadere tre gocce di olio in una bacinella piena d’acqua; se le gocce si aggregano, la persona ha il malocchio.
La guida gastronomica all’olio

Una guida non è tale se non fornisce anche itinerari e consigli, non solo per gli acquisti legati al mercato dell’olio ma anche per il fiorente mercato dell’artigianato isolano. In questa guida gli itinerari sono otto, ben segnalati, anche se descritti brevemente in un paio di pagine ciascuno, lasciando alla scoperta e all’esperienza la parte più viva del viaggio.

Seguono 80 pagine di segnalazioni, divise per zone: Cagliari Città Metropolitana, il Sarcidano e la Trexenta; il Medio Campidano, il Sulcis Iglesiente e Oristano (ovvero tutto il territorio su cui insiste la Camera di Commercio di Cagliari e Oristano). Si citano 131 produttori totali e i testi sono organizzati proprio come una guida gastronomica, con le informazioni di contatto di ciascun podere, gli orari e una descrizione dei luoghi e dei servizi.
