Il pecorino di Pienza è un formaggio unico, se n’è accorto anche il New York Times

Il pecorino di Pienza, uno dei formaggi più antichi del mondo, fatto ancora oggi come migliaia di anni fa, ha un sapore unico. Ecco dove comprarlo e mangiarlo, con i prezzi e i produttori principali

Il pecorino di Pienza è un formaggio unico, se n’è accorto anche il New York Times

Per molti di noi pecorino significa esclusivamente  pecorino romano, il formaggio di pecora a pasta dura dal gusto sapido e inteso. Ma c’è un pecorino altrettanto caratteristico, dal sapore più dolce, che ha appena conquistato la ribalta del New York Times.

E’ il pecorino di Pienza, città patrimonio Unesco dal 2004, fatto ancora da una ventina di produttori, non di più, come migliaia di anni fa.

IL LEGAME TRA TOSCANA E SARDEGNA

Un formaggio che lega Toscana e Sardegna. Cinquant’anni fa la Val d’Orcia non era ancora il buen ritiro dei vip che è oggi, anzi, come altre zone rurali della Toscana era un posto dove nessuno voleva stare, soprattutto i giovani, che hanno lasciato in massa la valle per cercare al lavoro in città.

In Sardegna invece i contadini abbondavano. Per questo il governo italiano ha proposto ai sardi enormi appezzamenti di terra a prezzi vantaggiosi, che si sono quindi trasferiti in Toscana con tanto di pecore, e infondendo nella produzione di pecorino la loro rinomata abilità.

Un pecorino che si distingue dagli altri per la sua varietà di sapori: forte se le pecore si sono nutrite di erbe selvatiche, delicato se vengono cresciute a cereali, più spiccatamente dolce se tra le erbe c’è anche l’assenzio, che abbonda nei pascoli della zona, con un prezzo medio si aggira sui 20 euro la forma. Ma quel che conta, come dice un produttore locale, è che “puoi amarlo o detestarlo, ma il nostro pecorino ti sorprende sempre. Quello del supermercato, invece, non lo farà mai”.

I LUOGHI DEL PECORINO DI PIENZA

Tra i produttori che da più tempo si dedicano al pecorino di Pienza, c’è il Podere Il Casale , un agriturismo convertito al biologico che propone anche corsi di cucina.

Podere Il Casale, Pienza, tel. 0578-755109.

 

C’è anche l’Enoteca Marusco e Maria, con il loro negozio nel pieno centro di Pienza. Provate inoltre a chiedere se è possibile vedere le cantine di affinamento del pecorino: valgono davvero la pena.

Enoteca Marusco e Maria, Corso Rossellino 21, tel. 0578-748222.

Silvana Cugusi  invece si è organizzata, e oggi dispone di una fattoria, un caseificio e un negozio dove è  possibile comprare alcuni tra i migliori pecorini della valle.

Cugusi, Pienza, tel. 0578-757558.

La fattoria del Caseficio Piu, altro produttore di lungo corso, garantisce alcune tra le più belle vedute della Val d’Orcia. Chiunque sia interessato può chiamare con un po’ d’anticipo Giancarlo Floris per chiedergli di organizzare una degustazione di pecorino di Pienza.

Podere Casaloni, Sarteano, tel. 0578-075129.

Se proprio non riuscire a prenotare nella terrazza con vista sulla Val d’orcio, non preoccupatevi. Vi rifarete con la cacio e pepe del ristorante, del tutto soddisfacente anche se mangiata all’interno.

Osteria La PortaVia S. Luigi 3, Monticchiello, tel. 0578-755170.

Pianporcino è un’altra fattoria con negozio, da tenere in considerazione per acquisti sicuri.

Fattoria Pianporcino, loc. Pianporcino109, tel. 347-9117382.

I PROBLEMI DI OGGI

Ma, inutile negarlo, oggi i problemi per il pecorino di Pienza non mancano.

A differenza di Parmigiano Reggiano o mozzarella di bufala campana, infatti, il formaggio della Val d’Orcia non ha il sostegno e la tutela di una DOP, con la conseguenza che ogni formaggio di pecora prodotto nei dintorni può essere chiamato pecorino di Pienza. La realtà è che a Pienza, icona del Rinascimento unica al mondo, nel cuore più intimo della terra di Siena, ci sono soltanto 3000 pecore: per produrre tutto il formaggio che viene spacciato per quello “pecorino di Pienza” ne servirebbero almeno 3 milioni.

E un altro grande problema sono le pecore francesi. Da qualche anno, infatti, attirati dalla convenienza, alcuni produttori della valle hanno acquistato capi provenienti dalla Francia, che si nutrono di grano e vivono nei granai, mentre le pecore sarde mangiano erba e devono essere recintate. Il risultato è che mentre queste producono un litro di latte al giorno, e dal sapore molto concentrato, le pecore francesi arrivano a tre litri di latte al giorno, ma purtroppo meno saporito.

E la paura dei produttori di veder sciupato questo patrimonio caseario è comprensibile: si parla infatti di uno dei più antichi formaggi al mondo, reso speciale dall’impossibilità di riprodurlo altrove a causa della sua complessità e dolcezza, oltre che per il legame con il posto meraviglioso da cui proviene. Sarebbe un peccato perdere tutto ciò a causa di qualche pecora francese.

[Crediti: NYT]