Sono passati cinque anni da quando abbiamo pubblicato per la prima volta una classifica dei migliori pandori artigianali. Al tempo il pandoro non se lo filava quasi nessuno e una classifica del pandoro ondeggiava in equilibrio tra chi lo considerava l’hypsterizzazione maxima del lievitato natalizio (al tempo si aveva la fissa degli hypster) e chi la trovava una nerdata con la vita breve.
Dopo tutto questo tempo siamo qui a pensare che poi tutto questo hype sul pandoro, che alla fine si è sviluppato eccome, ha reso il pandoro un lievitato mainstream, quasi quanto il panettone, e ormai il gastrofregno che si rispetti li porta tutti e due alla mensa natalizia. Allora, dato che uno dei nostri compiti è anche quello di tenervi in tirella e di destabilizzarvi proprio quando pensavate di aver raggiunto la certezza di avere un’opinione, adesso vi parliamo dell’offella.
Cos’è l’Offella

Ecco un riassuntino per i meno attenti: l’offella è un lievitato natalizio prodotto ancora solo artigianalmente e tipico della città di Verona e della sua provincia. Nasce probabilmente già nel rinascimento, ma con la fine dell’800 la sua storia è entrata nel vivo. In particolare ci sono due soli produttori che si contendono questo mercato di nicchia: la Rinomata Offelleria Perbellini e l’Antica Offelleria Verona. Entrambi si assegnano un bel punteggio nella storia del dolce: Perbellini ha registrato il marchio Offella d’Oro e ne fa risalire l’invenzione al 1891, ad opera del pasticcere Giovanni Battista Perbellini, come innovazione di un dolce veneto tradizionale, il Nadalin, a forma di stella.
Perbellini lavorava nella pasticceria Melegatti, che nel 1884 aveva inventato lo stampo del pandoro a forma di stella; quando si mise in proprio firmò un contratto di riservatezza e non poté mai divulgare la ricetta del pandoro Melegatti, ma ispirandosi a quella inventò l’offella. Tuttavia l’Offella d’oro è probabilmente molto diversa dal dolce tradizionale, perché ha uno sviluppo importante, possibile solo da quando si è imparato a gestire lievito con le farine di forza; la sua forma è un tronco di cono.
Scarpato, proprietario dell’Antica Offelleria Veronese oltre che di una pasticceria con una produzione importante, produce un’offella diversa, che ha la forma di un panettone basso e sta in un pirottino; afferma di seguire la ricetta originale del dolce, e probabilmente in parte è così, almeno per quanto riguarda la forma: il dolce originale aveva quasi sicuramente una forma simile a un panettone basso. Inoltre questa offella è molto simile a un altro dolce veneto, la focaccia dolce, un lievitato senza canditi e uvetta ricoperto di glassa, che ha una probabile origine medioevale: “offa” definiva nel Medioevo una focaccia rustica, salata o dolce.
Non esistono, almeno non ne siamo a conoscenza, pasticcerie artigianali che nel centro di Verona producano l’offella.
Di cosa sa l’ Offella d’Oro

Abbiamo provato l’Offella d’Oro di Perbellini, un tronco di cono ricoperto di mandorle dolci tritate e accompagnato da un sacchettino di zucchero a velo che non abbiamo usato. La prima cosa che si nota è il tatto: quando si infila la mano nel sacchetto per prelevare l’offella, la base del dolce è umida e unta, e la mano di conseguenza. L’umidità è presente anche nella superficie, in cui le mandorle non sono una glassa ma una semplice granella con cui viene foderato lo stampo prima di colarvi l’impasto; dunque le mandorle sono leggermente tostate grazie alla cottura nel forno, e un primo strato risulta leggermente immerso nella crosta.
Al taglio l’offella è sofficissima, ma tenace nella forma, e il profumo principale è senza dubbio quello della vaniglia. La mollica, proprio come il pandoro, ha un’alveolatura fitta a nido d’ape. L’impasto non fila molto, ma è asciutta, e rimane morbida in ogni punto e ovunque molto burrosa.
All’assaggio l’offella si distingue prima di tutto per la grassezza, la sensazione di pienezza che si prova sia in bocca sia nella digestione è importante e quasi completamente piacevole. Anche la dolcezza è spinta, nonostante non abbiamo aggiunto lo zucchero a velo. La granella di mandorle è effettivamente dolce come la confezione promette, e rimane molto morbida per l’elevata presenza di grassi, forma quasi una pasta che si stacca, si sbriciola e cade qui e lì e fonde quasi in bocca.
Assomiglia davvero molto al pandoro, ma le proporzioni tra burro e farina sono qui probabilmente sbilanciate ancor più in favore del burro. Siamo di fronte a un dolce d’occasione: si mangia una volta all’anno e, come si faceva nei bei vecchi tempi in cui i sensi di colpa erano schiacciati dall’enorme peso delle libertà personali, lo si prendeva per quello che è: un dolce luculliano.
Oggi, che il costo del burro è salito alle stelle e qualche pandoro sembra piuttosto un pan carré, potreste sbandierarla al vostro pranzo di Natale. Siamo sicuri che il colesterolo tornerà di moda.
Ingredienti: Farina di grano tenero tipo “0”, zucchero, burro, uova fresche cat. A, mandorle dolci scelte a mano, burro di cacao, latte, sale, lievito naturale, emulsionante (mono-digliceridi degli acidi grassi). Può contenere tracce di FRUTTA SECCA E IN GUSCIO, SOIA, SEMI DI SESAMO, ARACHIDI e SENAPE.
Prezzo: trovate l’Offella d’Oro a 36 euro, cui bisogna aggiungere le spese di spedizione. A meno che non siate di Verona.

